A metà pomeriggio di giovedì 16 ripartono; non possono più attendere, sono senza viveri e il tempo si è un po’ quietato. A poca distanza dal nevaio sommitale, Angelo cade e si incastra fatalmente in una fessura. Racconta De Infanti: «È quasi buio; la bufera ha ripreso con intensità ed io non ce la faccio più a tirare la corda. Angelo mi urla di mandargli il sacco da bivacco ed io lo faccio. Tutto ad un tratto mi guardo le mani e vedo una roba gialla mista a sangue che me le ricopre. Come se mi risvegliassi da un incubo, capisco la situazione. Angelo non risalirà più da quella fessura. Con la forza che aveva, anche con il bacino rotto, sarebbe riuscito a tirarsi su con le mani. Invece l’avevo tirato io, solo per pochi metri.» Angelo morirà, causa gravi lesioni al bacino e al torace, nel corso della notte fra il 16 e il 17 luglio 1970 dopo una terribile agonia. Aveva ventitre anni. (Montagne e volontà, diario alpinistico di Angelo Ursella, di Beppe e Italo Zandonella Callegher, prima, seconda e terza edizione 1973-1977, Antiga; la quarta edizione con il titolo Il ragazzo di Buia è di Vivalda, 1994).
Angelo Ursella e mio fratello Beppe erano saliti di tardo pomeriggio al rifugio Berti in Popèra, la “nostra casa”. Io li avrei raggiunti il mattino dopo, all’alba per salire con loro la via Comici al Campanile 2 di Popèra. Uno spettacolo vedere arrampicare quel ragazzo. Accarezzava, sfiorava leggero la roccia, non la assaliva rabbiosamente. Sulla traversata inferiore, sullo spigolo, sulla traversata superiore, sulla “parete marcia” della vetta… offrì un saggio accademico della sua bravura.
Ritornati al rifugio ci lasciamo trasportare dal buonumore. Angelo gira e rigira il berretto sulla testa dopo essersi accarezzato il ciuffo ribelle. Quando fa così è felice, se no non lo fa e basta!
Ritorna la nebbia. Poi la montagna riprende a piangere, triste e inconsolabile. Parliamo dell’Eiger. Angelo si era convinto che “doveva” farlo. Un’irresistibile richiamo. E infatti lo fece, ma a pochi metri dalla vetta l’Orco l’ha tradito. Ha tradito lui, noi, tutti. La “meteora” Ursella si spegne in un universo pieno di speranze per l’alpinismo italiano.
A quarant’anni dalla morte lo ricorderemo il 18 luglio 2010 sui Brentóni dove, con il ricavato del libro a lui dedicato, gli è stato dedicato un bivacco in segno di sincera amicizia.
Italo Zandonella Callegher
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