Monte Maniglia (3177 m) - Valle Maira (IT)

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Si parte dalle Grange Collet (2006 m, parcheggio), su una mulattiera che percorre il fondovalle, risalendo la valle del Maurin, passa l'omonima grangia (2143 m) e, sempre sul GTA, il vallone del Rio Autaret.
A circa 2430 m, dal sentiero GTA si stacca sulla sinistra un sentierino (palina) per la Bassa di Terrarossa.
Il sentiero, segnato dal bivio alla Bassa di Terrarossa con segnavia (quadrato rosso vuoto), sale per pratoni e roccette, raggiungendo una pozza d'acqua. Successivamente il percorso si snoda lungo la valle di Ciabriera che si percorre prima verso nord e poi, da una spalla, piega verso nord-est; ma attenzione, le tacche di vernice sono difficili da individuare, anche perché il percorso è abbastanza imprevedibile, e non è assolutamente banale individuare il segno successsivo. Questa parte del percorso quindi, pur svolgendosi su erba, massi e roccette non particolarmente impegnative e pur non essendo né esposta né difficile, è la più delicata dell'intera gita, proprio per le difficoltà di orientamento .
Da quando si raggiunge la spalla e, ormai in vista della Bassa di Terrarossa, si piega verso nord est, l'orientamento è meno complesso. Si sale ancora e, aggirando uno spuntone roccioso su una traccia che passa alla sinistra, su pietroni e sassi , si arriva alla Bassa di Terrarossa (davvero…rossa!)(2838 m, 3.00 dal Campo Base).
Dalla Bassa (raggiungibile con sentiero anche da S.Anna di Bellino) si risale il crestone spartiacque, ma oggi inutile continuare a causa della inesistente visibilità sul sentiero e sul panorama circostante. 













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Mike Bongiorno: il ricordo di Rolly Marchi

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Monte Avril (3347) - Valle di Ollomont (IT)

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Bellissima giornata "estiva". Lasciamo Glassier (6:40), estrema periferia nord di Ollomont, provincia di Valpelline, con 4 gradi centigradi e la perfetta sensazione di avere una montagna interamente per noi. Nessuno nei paraggi. Con l'elasticità di un gatto di marmo, incominciamo la larga mulattiera che parte cento metri prima dell'ampio parcheggio, dove ha termine la strada asfaltata.
La comoda mulattiera lascia la minuscola frazione di Glassier ancora ben intorpidita nel primo mattino. La luce, che dirompe dal fondo valle, regala la classica alba sulla regolare piramide della Grivola. La catena dei Morion è solo una silhouette nera che impedisce al sole di riscaldare le gelide raffiche d'aria svizzera, che precipitano lungo l'altipiano sovrastante. Il segnavia numero 5 indica la direzione corretta.
Ritornando sulla strada si raggiunge l'Alpe Thoules, ai piedi del contrafforte del Mont Gelè. Sono più di due ore che cammino ed i Morion non lasciano ancora passare la luce solare. Intanto la temperatura è scesa di un altro grado. Il sentiero si rifà vivo per proseguire in direzione della Fenêtre Durand. Inizia l'attraversamento di un bel piano, finalmente illuminato dal sole, che riesce a fare breccia attraverso i denti rocciosi dell'estremità nord dei Morion.
Il caldo abbraccio dura ben poco e la traccia, molto ben segnalata, continua salendo un ripido salto erboso, sopra il quale è situata una zona decisamente brulla, fatta di pietre, dall'aspetto vagamente simile ad un campo lavico o lunare. Rigorosamente all'ombra del mattino, il sentiero si intrufola con cambi di direzione irregolari nella pietraia, disegnando un tracciato improbabile fino all'uscita dal labirinto. Con la Fenêtre ben in vista, la marcia prosegue su terreno ora erboso, ora su sfasciumi. Sotto la tenebrosa parete ovest del Gelè si cela il Lago Fenêtre. Ancora pochi minuti e si giunge al confine svizzero.
L'arrivo alla Fenêtre Durand, ancora in ombra, non concede chissà quale vista ad eccezione della scoscesa e gelida parete nord del Mont Gelè, una ben levigata lavagna con un evidente canalone centrale che sfocia sul ghiacciaio denominato Glacier de Fenêtre. Impressionante, quanto vicina, la crepaccia terminale, vera e propria trappola. Questo deve essere un posto dove neanche in piena estate viene concesso un momento di sole. La luce blu-verdastra, dipinge, con toni delicati quanto assolutamente freddi, quest'angolo di mondo, rafforzando con estremo vigore il senso di inospitalità della bastionata di roccia che digrada con austera fierezza dalla vetta del Gelè, verso la valle di Mauvoisin.
La marcia prosegue in direzione O su tracce sempre ben visibili lungo la cresta Est del Mont Avril. E' tutto molto semplice, logico, facile e privo di pericoli. La lunghezza della salita è l'unico nemico di questo straordinario punto panoramico, che nasconde le più preziose gemme fino a pochi metri dalla vetta. L'obiettivo finale è sempre ben visibile, evitando la brutta sorpresa di un indesiderato supplemento di salita. La meta viene raggiunta sempre con estrema facilità, procedendo lungo sfasciumi, fino a giungere alla fascia di rocce solide che delimitano la sommità del Mont Avril. L'arrivo in vetta (11:50), con l'improvviso manifestarsi del Grand Combin, è un indescrivibile attimo di pura gioia e semplice grandiosità.
Come il fratello maggiore Gelè, l'Avril è una montagna "appoggiata" sui versanti meridionali, per erigersi verticale sul contrafforte settentrionale. Meno sontuoso del vicino è il salto a Nord, ma fortemente motivante il panorama che si gode da questa straordinaria montagna. Il grande ghiacciaio di Mont Durand, ai piedi del Gran Combin, è l'assoluto dominatore incontrastato della scena. Bellissimo l'allineamento delle punte, seguendo con lo sguardo in direzione Est. Dent d'Herins e Cervino, parzialmente occultati dai denti della Sengla, poi il Monte Rosa, circoscritto a destra dall'Epicoun. Nelle più immediate vicinanze è la lunga lingua dell'Otemma a stupire, dando regale sostegno al gruppo dell'Arolla, del Mont Blanc de Cheilon, la Serpentine, la Ruinette, a loro volta impreziosite dal ghiacciaio a balcone del Brenay. La vista a nord si ingentilisce con il turchese pallido del lago di Mauvoisin.
Le tre vette principali del Gran Combin, di Valsorey, di Grafeneire (la punta più alta, 4.314 m.) e della Tsessetta, lasciano la scena al Mont Velan ed ai suoi ghiacciai del versante svizzero. Il Monte Bianco rimane nascosto dalla calotta terminale del Velan. Con un binocolo è possibile ammirare l'Aiguille du Midì, con le cabine della funivia che scompaiono inghiottite dal pinnacolo roccioso. E' un dettaglio infinitesimale nell'oceano di vette che si stagliano a perdita d'occhio da qua sopra. Molto più visibile il profilo delle Grandes Jorasses. Proseguendo il giro, trovano spazio le propaggini sud est del Bianco, il Rutor, la Grivola ed il Gran Paradiso. La catena dei Morion ha un aspetto meno lugubre, ora che il sole incomincia a rigarne il profilo occidentale. Invariata l'impressione che desta la nord del Gelè, meno opprimente, dato il diverso angolo di visione, ma sempre così glaciale ...



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