FLORIAN RIEGLER: LA PASSIONE PER IL VERTICALE

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Martedì 29 novembre, Orbassano (TO), ospiterà l’atleta altoatesino, protagonista dell’arrampicata internazionale Florian Riegler per una serata dedicata interamente alle sue imprese.

Alle 21.00, presso il Teatro Sandro Pertini di Orbassano, tutti gli amanti di montagna “e dintorni” potranno infatti assistere al racconto in prima persona delle imprese alpinistiche di Florian progettate e realizzate con il fratello Martin. Verrà raccontata la vita di due fratelli che seppure molto diversi per carattere hanno una cosa in comune: l’amore per la montagna e la passione per il verticale, dalle salite sulle montagne di casa, le Dolomiti, per poi spingersi con spedizioni avventurose in terre lontane.

Florian è stato campione italiano di arrampicata su ghiaccio, il primo a ripetere la cascata di ghiaccio attualmente più difficile del mondo, ha percorso oltre 130 vie alpine classiche e moderne, arrampica su vie fino a 8c+, vanta prime ascensioni spettacolari come “Zurück in die Zukunft” (8a+) o la prima ripetizione in rotpunkt della “Via della Cattedrale” (8a+, parete Sud della Marmolada). Ma non solo imprese alpinistiche perchè il ventinovenne altoatesino è un instancabile globetrotter, viticoltore nell’azienda agricola di famiglia, allenatore dei piccoli arrampicatori altoatesini: in poche parole un atleta dal talento poliedrico e un tipo semplicemente inarrestabile.

Martedì sera Florian racconterà per parole e immagini la passione che lo guida in questo sport e le sue imprese più spettacolari, il pubblico presente avrà la possibilità di essere trascinato all’interno di un mondo fatto di fatiche, timori e paure, ma anche di straordinarie emozioni.

Una serata all’insegna dell’alpinismo raccontata dal diversi punti di vista dei due fratelli Riegler.

La serata, organizzata dal Salewa Store di Torino, è realizzata grazie alla collaborazione del Club Alpino Nazionale Sezione di Orbassano, con il supporto della Scuola Nazionale di alpinismo, scialpinismo e arrampicata libera “Paolo Giordano” e con il patrocinio del Comune di Orbassano.



Centro Culturale TEATRO SANDRO PERTINI

Via dei Mulini 1 – Orbassano

Martedì 29 Novembre 2011

Dalle ore 21.00

Ingresso libero



Informazioni per il pubblico: http://www.salewa.it/





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“SENTIERI ATTREZZATI E VIE FERRATE”

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La costruzione e la gestione di ferrate e sentieri attrezzati da parte della SAT di Trento ha una storia oramai lunghissima.
 
Era il 1936, infatti, quando furono avviati i lavori di costruzione del più famoso percorso attrezzato nelle Dolomiti, la celebre “via delle Bocchette” nel cuore delle Dolomiti di Brenta. A quella ne seguirono molte altre, ancor oggi sempre piuttosto frequentate, ma a partire dagli anni ’90, in linea con i pronunciamenti espressi dal Club Alpino Italiano nella “Charta di Verona (1990), l’impegno (anche economico) viene dedicato non più alla costruzione di nuovi percorsi attrezzati, ma esclusivamente alla manutenzione e alla messa in sicurezza di vie ferrate e sentieri attrezzati già esistenti.

Un lavoro sistematico di manutenzione, messa in sicurezza e ammodernamento che interessa i 114 sentieri attrezzati e le 74 vie ferrate (per complessivi 1144 chilometri di sviluppo) in carico alla Sat e non sempre programmabile, poiché una ferrata sistemata nella stagione estiva può venire danneggiata dalla neve, dal ghiaccio, da una frana conseguenza del maltempo anche nell’inverno o nella primavera successiva e quindi nuovamente ripristinata possibilmente prima dell’estate. E l’unico modo per certificarne la percorribilità è quello di effettuare regolari ispezioni, in particolare a inizio stagione, per controllare le condizioni degli infissi, di pioli, cordini metallici, staffe, scalette, ponti sospesi, passerelle, ed eventualmente sostituire ripristinare gli infissi danneggiati.

L’esperienza accumulata negli anni dalla Sat in questo ambito, se non altro per “i numeri” di ferrate e sentieri attrezzati a cui sovrintende, non ha eguali nell’arco alpino e riguarda direttamente e nello specifico i materiali impiegati e le tecniche di costruzione ed i sistemi di posa degli infissi, in un’ottica di costante aggiornamento.

Una parte importante di questo patrimonio di conoscenze viene ora reso disponibile attraverso la pubblicazione del volume monografico “Sentieri attrezzati e vie ferrate – Gli interventi conservativi gestiti dalla Sat”.

Curata dall’ingegnere Luca Biasi, tecnico della Sat per la gestione della sentieristica, questa monografia è destinata a diventare un riferimento tecnico aggiornato per gli “addetti ai lavori” e in particolare gli operatori della Sat, ma anche per tutti i professionisti, a cominciare dalle guide alpine, tecnici o volontari che andranno a svolgere interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria sulla rete delle ferrate trentine e dell’arco alpino più in generale.

Da come prepararle, alla scelta dei materiali più idonei per la loro costruzione, dalla logistica del cantiere alle tecniche di intervento, dalle diverse modalità di posa in opera di un cordino piuttosto che di un fittone o una staffa, fino alle modalità di intervento sulle ferrate di valenza storica.

La bontà di materiali e di tecniche costruttive, dal punto di vista della sicurezza, è stata costantemente supportata in questi ultimi anni da test di laboratorio o in situ effettuati in collaborazione con il Laboratorio tecnologico impianti a fune della Provincia di Trento.

Obiettivo ultimo di questo prezioso lavoro che la Sat porta avanti attraverso la sua Commissione Sentieri ed il suo volontariato professionale è garantire la sicurezza dei moltissimi escursionisti e alpinisti che ogni estate vengono in Trentino.

“SENTIERI ATTREZZATI E VIE FERRATE” a cura di Luca Biasi

Gli interventi conservativi gestiti dalla Sat

Editore: SAT, Trento – 2011

Pagine: 110

L’edizione può essere richiesta gratuitamente dagli operatori alla SAT di Trento.




Info: Casa della SAT – Tel. 0461.981871 – fax. 0461.986462

Tratto da: MOUNTAIN BLOG





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Notte tricolore: La Festa al Museo Nazionale della Montagna

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Una notte di festa al Museomontagna di Torino con l’apertura straordinaria dalle ore 19,00 del 16 marzo alle ore 1,00 del 17 marzo 2011, visite alle sale espositive e alle mostre temporanee accompagnati dalla musica degli Acabaires.
Questo nome significa in occitano “gli animatori della festa”. Il gruppo, di recente formazione, ha voluto mettere insieme tre elementi classici della musica occitana per proporre un repertorio da ballo con gli strumenti più classici della tradizione: la ghironda e l’organetto.
Il loro repertorio spazia tra tutte le danze del vasto territorio occitano, dalle vallate cuneesi e torinesi fino a quelle basche nei Pirenei. Per le vallate italiane le principali sono: le courente, caratteristiche delle valli e la gigo, che si è conservata in val Varaita e in val Po; per il centro-sud della Francia la bourrée, il rigaudon, il rondeaux, lo scottish, il congo; infine per la regione dei Pirenei il carneval de lanz e il fandango.
Per informazioni: www.museomontagna.org


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INTERVISTA A CRISTIAN BRENNA - Una montagna tutta da vivere

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Quest’oggi MountainBlog si occupa di un grande protagonista del panorama della montagna, che nonostante il suo elevatissimo livello è rimasto sempre un uomo “normale”, senza darsi arie e senza pavoneggiarsi. Si tratta di una persona capace di inventarsi e reinventarsi per sondare ogni angolo di ciò che è natura, con fantasia, senza peso, eppure con grande profondità ed equilibrio.
Cristian Brenna, classe 1970, nato a Bollate nella periferia milanese, oggi residente nella magnifica Arco, uno dei paradisi europei per chi ama il verticale.
Gli abbiamo domandato “dove vivi?” e lui di rimando ci ha risposto: «per lavoro passo molto tempo a Edolo in Val Camonica, nei week-end cerco di girare il più possibile quindi sono uno abbastanza nomade; passo un sacco di tempo a preparare borse, scaricare e caricare il furgone, la mia casa preferita».
Da quando vai in montagna?
Praticamente da sempre, da piccolo passavo l’estate in valle d’Aosta, per la precisione a Nabian una piccola frazione di Challand Saint Victor, all’inizio della Val d’Ayas. Qui ho cominciato con mio fratello e i miei genitori a fare escursioni, girando un po’ tutta la valle, durante il mese d’agosto quando c’erano anche i miei riuscivamo a fare anche venti-venticinque gite in un mese. Poi quando sono cresciuto un po’, ho cominciato a fare qualche ferrata fino a quando non ho scoperto l’arrampicata.
Come hai iniziato?
Ho iniziato quasi per caso frequentando la sezione di Bollate del CAI, qui c’erano quattro ragazzi, Virgilio, Pier, Claudio e Fausto che già arrampicavano; con loro ho provato a fare le mie prime arrampicate.
Da quanto pratichi l’arrampicata?
Quando ho cominciato era la metà degli anni ottanta, ma sono diventato un arrampicatore assiduo solo nel 1987, da quel momento ho solo praticato l’arrampicata e ho abbandonato definitivamente tutti gli sport che avevo praticato prima. Da piccolo ho giocato a baseball e fatto ginnastica artistica, in seguito ho fatto un po’ di corsa e sci nordico, facendo qualche garetta della prima e più per diletto il secondo, fino alla successiva folgorazione per l’arrampicata.
E l’alpinismo?
L’alpinismo è una attività che ho sfiorato da piccolo, anche se si trattava più che altro di escursionismo impegnativo, ho salito il Castore verso i quattordici anni, poi quando ho cominciato ad arrampicare ho fatto qualche via classica nel lecchese; verso l’inizio degli anni novanta quando ho cominciato a partecipare a competizioni di arrampicata sportiva, ho definitivamente abbandonato la montagna, salvo qualche sporadico episodio, fino al 2005, quando ho smesso di fare gare. In realtà quando con Marzio sono stato al “Caporal” per Itaca nel Sole nel 2003, mi è tornata la voglia di fare qualche cosa in montagna, ma gli impegni delle gare, visto che ero un professionista pagato della Guardia di Finanza, hanno prevalso.
È il tuo mestiere?
Dal 2005 quando ho smesso con le gare di arrampicata, ho partecipato al corso interno della Guardia di Finanza per diventare tecnico di soccorso alpino, così dal 2006 faccio questo bellissimo lavoro che mi permettere di vivere la montagna 365 giorni all’anno a 360°. Quindi non posso definirmi un alpinista professionista, perchè non posso gestire il mio tempo come più mi piace, pianificando ogni mio progetto come voglio e quando voglio, d’altro canto però posso comunque passare le mie giornate facendo dell’alpinismo, quando non impegnato in azioni di soccorso, perchè come militari dobbiamo comunque tenere un livello accettabile in ogni tipo di terreno dove operiamo e con qualsiasi condizione meteo.
Al massimo quanto ti sei allenato?
In quindici anni di attività agonistica, mi sono sempre allenato tantissimo; la quantità però è variabile a seconda del periodo e del tipo di allenamento che uno svolge. Comunque il momento di maggior allenamento è quando lontano dalle gare si fa “volume”, cioè si mettono le basi per poi poter fare degli allenamenti qualitativi per tutto il resto della stagione, in questo periodo non si può pensare a realizzare, perchè i muscoli sono pieni di acido lattico; io normalmente mi allenavo tutti i giorni, alternando trave, muro, falesia, pesi e attività aerobica; arrivavo anche a fare tre sedute di allenamento in una giornata.
Quanto ti alleni ora?
In questi ultimi due anni avevo altri progetti e non mi sono dedicato molto all’arrampicata, comunque mi sono sempre allenato in altre discipline appartenenti al mondo della montagna; adesso che sono un po’ più libero ho ripreso ad allenarmi un po’per la scalata. Niente a che vedere con quello che facevo prima, sto solo cercando di tornare ad un livello di arrampicata che mi permetta di risolvere qualche progetto che ho per la testa.
Quali sono le tue migliori prestazioni?
In arrampicata sportiva penso che una delle mie migliori giornate sia stata al Covolo, falesia del vicentino dove sono riuscito a salire Nagay 8c al secondo giro e poi risolvere a vista Ghegori 8b/b+, anche se ho avuto giornate dove ho salito più di tre o quattro vie di otto e tutte a vista, prestazioni che comunque vedendo il livello di adesso fanno solo sorridere.
Che ci puoi dire di Mortal Kombat?
Una bella giornata di arrampicata con i miei migliori amici, un ambiente rilassato, vento e sole, con la ciliegina sulla torta con la salita a vista di questa bellissima via, ai tempi una prestazione di livello mondiale, visto che prima di me solo Elie e Yuji avevano salito una via della stessa difficoltà e nello stesso stile.
Hai scalato in Italia? Europa? Extra-Europa?
Ho arrampicato in molti posti, per me viaggiare era un obiettivo primario nel mio modo di vivere l’arrampicata, così ho avuto la fortuna di conoscere tantissima gente di culture diverse e capire che alla fine non si è mai così diversi da come si è portati normalmente a credere.
Hai aperto vie?
In falesia non ho mai chiodato una via, e adesso un po’me ne pento, perchè una via da te aperta resta per sempre, mentre ripetere delle vie prima o poi finisce nel dimenticatoio e nessuno se ne ricorda.
In montagna ho aperto tre vie, tutte e tre completamente diverse una dall’altra. La prima è stata Up & Down in Pakistan nella Chogolisa Valley, in compagnia di Luca, Hervè e Checca. La via è stata chiodata in maniera mista, protezioni tradizionali, chiodi e qualche spit, dopo una decina di giorni sono riuscito a salirla completamente in libera, 800 mt di via fino al 7c. La cosa più difficile però non è stata salirla in libera, ma imparare in fretta a proteggersi e chiodare bene, per non rischiare di schiantarsi da qualche parte. Poi è arrivato il Piergiorgio…
Com’è stata l’avventura al Cerro Piergiorgio? Cosa avete realizzato?
La salita al Piergiorgio è stato qualcosa di veramente impegnativo e coinvolgente, perchè la Patagonia è una terra estrema, dove tutto è estremo, quindi un posto che si ama o si odia, perchè mette di fronte ai propri limiti, te li sbatte in faccia come un forte schiaffo. Noi ci siamo innamorati di questo posto e di questa parete, per riuscire a salirla siamo tornati per ben due anni di fila. La Ruta de lo Hermano è una via di mille metri, su roccia sempre di non ottima qualità, la progressione è risultata quasi sempre in artificiale, su placche lisce o “extended flake”, che sono delle lame di roccia molto sottile, che si espandono quando qualcuno le sollecita rendendo le protezioni che si piazzano di dubbia tenuta. Io non mi ero mai trovato ad arrampicare su un terreno del genere, quindi devo ringraziare Giò e Hervè che hanno fatto la parte più “sporca” del lavoro.
Abbiamo risolto uno degli ultimi problemi della Patagonia, grazie anche ai Ragni di Lecco che ci hanno sostenuto in tutti e i due anni di tentativi; questa parete aveva ricevuto assalti già dal 1995, proprio dal “ragno” Casimiro Ferrari. Negli anni si sono susseguiti i tentativi, sia sulla linea scelta da Casimiro, sia su altre linee, di cui un tentativo molto riuscito è quello di Maurizio Giordani e Luca Maspes che avevano salito quasi tre quarti di parete.
Che cosa puoi dirci dell’India?
Dopo il Piergiorgio nel settembre dello stesso anno, la Guardia di Finanza ha organizzato una spedizione alpinistico/esplorativa nella Miyar Valley, nell’Himachal Pradesh indiano. L’idea era quella di raccogliere materiale fotografico e fare qualche nuova salita nelle valli laterali della Miyar. Io in questa occasione ho arrampicato con Massimo Da Pozzo, dopo un giro di esplorazione ci siamo concentrati su un obiettivo nella Jangspar Valley, una valle a circa dodici ore dal campo base. Purtroppo il maltempo e la perdita di un po’ di materiale sotto una frana ci ha fatto ridimensionare il nostro obiettivo, essendoci giocati tre giorni di bel tempo per tornare al base a recuperare il materiale perso. Alla fine abbiamo salito una cima inviolata, con una bella via di 800 mt. di difficoltà classiche. Nell’insieme una gran bella avventura in un posto che ha tanto da offrire alpinisticamente parlando.
Che progetti di scalata hai per il futuro?
Quest’anno vorrei tornare ad arrampicare ad un certo livello, mi piacerebbe riuscire a ripetere qualche bella via in giro per le alpi, poi il prossimo anno vorrei tornare a fare qualche spedizione.
Sei recentemente diventato aspirante guida alpina: che progetti a riguardo?

Fare i corsi guida è stata un esperienza molto interessante, tutti mi prendevano per il culo dicendomi sempre “beato te che sei forte a scalare e non hai problemi”, in realtà il corso è molto impegnativo, perchè bisogna avere un buon livello in tutte le discipline, quindi allenarsi sodo per ogni modulo, e abituarsi a ragionare che legato con te non hai un amico di cui ti fidi ciecamente. Il corso comunque ha cambiato il mio modo di approcciarmi alla montagna, adesso sono molto più preparato e molto più a mio agio in ogni situazione; la ciliegina del corso è stato avere dei compagni d’avventura fantastici, con i quali è nato un ottimo feeling, rendendo questa esperienza qualcosa di indimenticabile.
Per adesso continuo il mio lavoro di tecnico del soccorso alpino della Guardia di Finanza, poi in futuro chissà, un giorno se divento veramente bravo, magari mi piacerebbe diventare un istruttore delle guide, e mettere a disposizione degli altri le mie esperienze.
Sei recentemente diventato “papà”: che avventura è stata per te?
Diventare papà è qualcosa di unico, ti cambia la vita, in meglio. È inutile cercare di trasmettere le proprie emozioni nel diventare padre, tutti cercano di farti capire quanto sia bello e appagante e di come ti riempie la vita, ma in realtà è molto di più, un esperienza che fino a quando non vivi in prima persona non puoi comprendere realmente.
Come cambia la vita di uno scalatore?
Posso dirti che se sei capace di organizzarti ti cambia la vita solo in meglio, io mi sono dedicato meno all’arrampicata perchè ero motivato a raggiungere altri obiettivi non perchè non avevo tempo, infatti sono riuscito a diventare aspirante, inoltre mi sono innamorato dello sci fuoripista e ho dedicato molto del mio tempo libero a questa nuova passione. Comunque passo tutti i week end in falesia con Jana, scaliamo con amici e ci alterniamo a giocare con Sofia, che giustamente richiede molta attenzione, perchè è una piccola esploratrice che deve imparare a conoscere il mondo.
Come vedi il futuro dell’arrampicata?
L’arrampicata è uno sport ancora relativamente giovane, quindi penso che il livello crescerà ancora di molto, quello che Adam ci sta facendo vedere adesso, penso sia solo un antipasto di quello che succederà in futuro.
E dell’alpinismo?
Penso che la strada sia già segnata, salite in stile alpino sempre più tecniche in posti remoti, oppure nuove vie sempre in questo stile sui giganti dell’Himalaya.
Cosa ne pensi del trad climbing?
Il trad è sempre esistito, adesso penso che sia più una cosa alla moda, non penso che in Italia prenderà molto piede, sopratutto per la roccia che abbiamo, la maggior parte è calcare, roccia molto difficile da proteggere con protezioni amovibili; in Italia poi non abbiamo la mentalità dei paesi anglosassoni o dell’est Europa nel proteggere la roccia, viviamo l’arrampicata in maniera molto più consumistica.
E dei movimenti che si stanno sviluppando a riguardo?
L’unica cosa di cui sono a conoscenza è la questione di Cadarese, del quale ho letto qualcosa, anche se li non ho mai arrampicato. Per come la penso io posso dirti che sarebbe bello che ci fosse un posto dove praticare il “trad” senza avere degli spit di fianco. Ma come ho detto prima, quanta gente è realmente interessata a questo tipo di arrampicata? La mentalità che sta prevalendo nel nostro paese è quella di arrivare in una nuova falesia e salire il maggior numero di tiri, basta andare in una qualsiasi falesia per vedere gente che parte con tre rinvii già passati, si mette qualche fettuccia lunga dove c’è qualche passaggio obbligato, e si segna tutti gli appigli e gli appoggi per essere sicuro di non dimenticare niente.
Figurati se c’è tempo per capire anche dove piazzare le protezioni…
Christian Roccati
Sito personale: www.christian-roccati.com

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Erbe di montagna e saperi tradizionali al centro di un progetto di cooperazione transfrontaliera

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Trasmettere e attualizzare il sapere antico dell’uso delle erbe di montagna: questo è il principale obiettivo del progetto 'Les Racines du Goût', promosso dalla Regione autonoma Valle d'Aosta (capofila l'Assessorato Istruzione e Cultura con il Comune di Jovençan e la Fondazione Grand Paradis come partner), dal Dipartimento francese della Alta Savoia (partner Association Paysalp) nell'ambito del Programma di cooperazione territoriale transfrontaliera Alcotra 2007-2013.

La recente apertura, lo scorso 5 febbraio della “Maison des anciens remèdes”, un centro d'interpretazione dell'uso delle piante officinali, situato nel Comune di Jovençan, è parte integrante del progetto. La Maison des  anciens remèdes è stata ricavata da un'antica casa rurale del XVII secolo, utilizzata dagli anni Cinquanta come fienile dalla parrocchia e oggi ristrutturata. La Maison è il luogo in cui le tradizioni curative degli antenati si integrano con le conoscenze scientifiche moderne, per riscoprire e attualizzare le virtù della natura.

Il centro d'interpretazione è stato interamente concepito da un gruppo di giovani che hanno lavorato sotto la supervisione di un comitato scientifico - composto da esperti professionisti e universitari, incaricati di stabilire le modalità d'attuazione delle diverse iniziative e di garantirne la qualità, elaborando, nel contempo, una formazione-azione - che si è occupato della ricerca, della progettazione dell'allestimento, dei contenuti e dei giochi che sono proposti nella struttura.

«La Maison des anciens remèdes - secondo l'assessore regionale alla Cultura della Regione Autonoma Valle d’Aosta, Laurent Vierin - costituisce una sorta di scrigno nel quale sono conservati i saperi e le conoscenze dei nostri avi, dai segreti per la conservazione degli alimenti alle ricette di antichi rimedi, trasmessi oralmente, da una generazione all'altra». Il centro accoglierà in un primo momento le scuole della regione per le visite didattiche e aprirà in occasione della Settimana regionale della Cultura, dal 9 al 17 aprile. Dal 18 aprile sarà ufficialmente accessibile al pubblico.

a cura di Oriana Pecchio

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ERNESTO DOTTA - L’esperienza profonda dell’andare in montagna

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Ernesto Dotta, Erne per gli amici, il “Duca” per gli ammiratori, è un montagnardo nato nel ’56, ai Piani di Celle Ligure, in quel di Savona. Come lui sottolinea …«è importante la frazione perchè c’era un forte senso di appartenenza ai tempi. Ricordo ancora bene le sfide a calcio tra quartieri, su un polveroso campo triangolare, (nel vero senso geometrico)… posto davanti alla Parrocchia di Celle “Paese”».
Se chiedete ad Ernesto se lui è sia o meno alpinista esperto o conosciuto, come altri amici comuni di Mountain Blog… si farà una risata! Ma cosa fa e dove vive oggi Ernesto?
«Sempre a Celle Ligure e mi sono pure sposato una (ex)ragazza, indovina un po’…di Celle».
Tutto ciò ci riporta, apparentemente, ad un frequentatore della montagne come tanti altri, uno di quelli che vive la sua passione, nel flusso degli eventi. In realtà il signor Dotta è soltanto una persona molto, molto umile, un apritore di vie che ha scalato ovunque in Italia, battendo il terreno della scoperta in gran parte d’Europa.
Il suo è un fare silenzioso, in armonia con la natura. Non vi è gran posto per le persone silenti come Ernesto, nelle testate giornalistiche che vanno per la maggiore, salvo qualche timida comparsa, celata nel mucchio di pagine riguardanti il mondo lontano che nessuno di noi frequenterà mai. Eppure, migliaia di arrampicatori oggi scalano grazie alle creazioni di Erne, che zitto zitto, continua a progettare e dipingere linee sulla roccia, con amore e grande impegno, senza mai chiedere nulla in cambio.
Da quando vai in montagna?
Da sempre…; diciamo fin da piccolo
Come hai iniziato?
Con mio padre; prima semplici escursioni, poi vie normali, poi qualche semplice scalata… Ma tra i ricordi ci sono anche intere settimane passate nei rifugi, allora quasi sempre incustoditi.
Da quanto pratichi l’arrampicata?
…da quando scalavo i massi erratici durante i giorni solitari nei rifugi da ragazzino.
La vera arrampicata è cominciata tardi, si può dire, prima era un andar per monti e creste, forse un po’ …”inconsapevole”
Com’è cominciato tutto?
Ufficialmente, con un corso del CAI di Savona
Hai fatto anche alpinismo?
Cos’è oggi “alpinismo” ??
Diverse normali e non, con amici e qualche volta da solo, anche il Bianco ed alcuni 4000; ma ricordo con grande piacere cime poco conosciute, salite con mio padre o con mia moglie Titti. Alla fine torno sempre lì; mi piace camminare in montagna, assaporarla, entrarci in sintonia.
Quando hai iniziato ad aprire vie e chiodare?
Diciamo dopo il 2000; ma la “pietra miliare” è stata l’apertura dal basso, insieme a Marco (Minu) Minuto, della via “Vecchie Beline”, una salita che ci aveva entusiasmato ma che ci aveva pure dato qualche patema…
Cosa intendi con “qualche patema” ?
La nostra scalata ad un certo punto, e per forza di cose, aveva incrociato un tratto di salita della bella e storica via “Avanzini-Rossa”. Non potevamo far altro, seguendo la logica della nostra linea, che utilizzare tale tratto. Ma certo la questione ci ha molto fatto discutere e pensare su come agire per evitare uno “sgarbo” ai nostri conosciuti (ed amati) predecessori. Da qui sono nati i nostri personali patemi! …ed in parte anche il nome poi dato alla via.
Quante vie hai aperto e quante ne hai chiodato?
….ehhmm, sono una frana nel ricordare o catalogare il “quanto”! Dai buttiamo lì senza voler esagerare; una quindicina di vie lunghe più una settantina almeno di monotiri… ma in testa c’è ancora qualcosina!
Come puoi descriverci la parete nord della Rocca di Perti in quel di Finale?
Sono sempre stato attratto dal suo regale isolamento e dal suo aspetto severo; ma solo ben dopo averne salito le diverse vie ho “osato” avvicinarmi in modo diverso…
Era, ed è ancora, un luogo appartato dove trovare spazi e silenzi, ma dove nel contempo erano passati molti scalatori “raccontando” varie storie…
Ora la Nord di Perti ha forse un nomea meno “arcigna”, ma le storie rimangono, anzi si sono moltiplicate in questi ultimi anni; stà agli arrampicatori, se vogliono, conoscerle e approfondirle, perchè ne vale la pena se si vuole scalare sulla sua roccia con una diversa consapevolezza
Come puoi descriverci il monte Castellaro? Quali peculiarità e pregi?
È, in piccolo, la quintessenza dell’Appennino Ligure e delle sue rocce; un luogo al confine tra il mare e la montagna. Le sue pareti ospitano ad oggi una quantità di vie e monotiri che consentono a molti di cimentarsi in sufficiente sicurezza in un ambiente rilassante.
Che cos’è “Nonno Dino”?
Era… una bella scoperta fatta in compagnia di mio padre, nel gennaio del 2004.
Rimane.. una bella via di scalata nel cuore del versante nord della Rocca di Perti
Chi era Secondo Dotta? [Padre di Ernesto]
Un Uomo, prima di tutto; certo ha vissuto in un periodo difficile, come tanti nostri anziani, che lo ha segnato e costretto a crescere in fretta, ma in lui è sempre rimasta viva la voglia di ”stare in montagna” con gli amici. Dino ci ha insegnato ad accontentarci delle cose semplici, ci ha permesso di “vedere la Montagna”….
Alla sua “ultima salita” sull’amato M. Antoroto lo hanno accompagnato un gruppetto di amici nel giorno del suo (mancato) 80 compleanno il 31 luglio 2008.
Che cos’è Via “Attraverso il Fico”?
Ti rispondo citando uno tra i tanti commenti ricevuti al riguardo:
«Via bellissima…la linea del “fico” è molto logica, a tratti spettacolare, quasi sempre di una
verticalità a prova di goccia! I due tiri in fessura poi sono un vero test di inventiva motoria. Un autentico godimento per noi nostalgici della scalata tecnica».
Ma rimane anche una soddisfazione personale nell’averla ideata e salita col solito gruppo di amici, nonché un piacere averla potuta dedicare ad Alessandro Piccinino, proprio grazie al fatto che qualcuno, coi suoi ricordi, mi ha permesso di addentrarmi nella storia della parete.
La montagna è il tuo mestiere?
Certo che no, ma “l’impronta” che mi ha lasciato dentro è grande…
Lavoro invece in palestra, sia in un Liceo Statale che in una società sportiva di Pallavolo
Hai allenato squadre giovanili di pallavolo portandole a grandi livelli?
Negli ultimi anni mi sono dedicato esclusivamente ai ragazzi; ho allenato nel settore giovanile prendendo “in carico” le squadre di under 13 per accompagnarli fino ai 16/18 anni al massimo. Ho avuto belle soddisfazioni giungendo varie volte alle Finali Nazionali, ma il piacere più appagante è vedere ancora oggi molti (ex)ragazzi divertirsi a giocare …e ricevere sempre da loro un abbraccio e parole di ricordo ed affetto.
Pensi che l’arrampicata possa essere un elemento aggregante per le persone?
Come lo sono diverse attività sportive…ma è certo che se si riesce ad andare un po’ al di là della palestra indoor o della falesia, si sviluppano esperienze più profonde !
Molte persone sostengono che l’arrampicata può generare turismo ecocompatibile tu che ne pensi?
Sono abbastanza d’accordo; ma, a mio parere, devono essere poste delle limitazioni intelligenti, fatte poi rispettare con rigore, se vogliamo parlare di “ecocompatibile”!
Cosa diresti ad un ragazzo che inizia a fare arrampicata?
…vai e divertiti !!
E se inizia a fare alpinismo?
…vai e divertiti, ma metti la canotta di lana !!
Nel senso che distinguo l’arrampicata sportiva, dalla scalata “in ambiente” (su grandi pareti in montagna) e dall’alpinismo; e vorrei sempre che chi inizia lo abbia ben presente!
Qual è il futuro dell’arrampicata e quale quello dell’alpinismo?
……è un parere che non mi sento di dare.
Se dovessi,come descriveresti la Montagna d’un tempo?
Forse più mitizzata, ma anche più temuta e rispettata nei suoi valori di territorio.
E quella d’oggi?
Possiamo in modo scontato dire che è più “patinata” e “sfruttata”; ma, in fin dei conti, poi non molto diversa… pur tenendo conto della frequentazione ben più sviluppata di pari passo con l’evoluzione della tecnica e della conoscenza.
Tu hai scalato e camminato in tutto l’arco alpino ed in svariate regioni d’Europa.
Pensando a tutte le centinaia di luoghi che hai visto, a paragone che montagne sono le Alpi Marittime che tanto hai vissuto?
Le Marittime sono il primo amore… è difficile dimenticarlo, e quale cambiamento porta nel cuore di un ragazzo. Certo la loro non è una bellezza “facile” o “comoda”. Sono un piccolo affascinante mondo; sanno essere selvagge, aspre e dure, così come dolci e imprevedibili.
Rimane il fatto che mi è sempre piaciuto conoscere un po’ più a fondo i luoghi dove scalo o dove cammino, ed in ciò molto ha influito la mia compagna; ci documentiamo e leggiamo storie o leggende dei luoghi, sia prima che dopo esserci passati.
Qual è il futuro delle Marittime?
Speriamo che, unitamente ad un certo sviluppo, esse non vengano stravolte nella loro specificità.
Cosa c’è di negativo nell’attuale mondo delle montagna?
Il continuo tentativo di sfruttamento da parte di alcune lobby, non sempre compatibile con la Montagna stessa e con gli interessi ambientali della collettività.
Cosa c’è di positivo?
Un qualche ritorno alla vita di alcuni luoghi abbandonati, e in alcuni casi uno sviluppo attento alla modernità ma anche alle esigenze dell’ambiente alpino.
Quale il futuro della Montagna?
Mi ripeto …è un parere che non mi sento di dare.

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MANGIARE CON LE CIASPOLE AI PIEDI - Due proposte dalla valle Maira in provincia di Cuneo

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Da diversi anni la provincia di Cuneo è teatro di numerose camminate naturalistiche con tappe mangerecce: un binomio interessante per andare alla scoperta di due tra le caratteristiche più significative di questo territorio, la natura e l’enogastronomia.
Non potevano mancare le edizioni invernali di queste divertenti passeggiate, naturalmente con le ciaspole ai piedi. A farla da padrona, la valle Maira che nel mese di febbraio ne organizza ben due di ottimo livello e su sentieri dal fascino incredibile.
Si comincia domenica 20/2 con Minjar abou le ciastros, che nella lingua occitana del posto significa appunto “mangiare con le ciaspole”: la camminata si svolge tra le borgate del comune di Marmora, in uno dei valloni laterali che si dipartono dalla valle principale. In quattro tappe in altrettante borgate saranno serviti la colazione, gli antipasti tipici del luogo (pane, burro e acciughe, torta di cavoli e patate, polenta con bagna bianca), la zuppa di fagioli “alla marmorina”, un piatto di formaggi (toma di Elva, blu di mucca, toma trilattica e formaggio di capra) con marmellate e miele e, per finire un tris di dolci (dolce al cioccolato, panna cotta all’amaretto, semifreddo allo zabaglione). Il tutto, naturalmente, accompagnato da una scelta di ottimi vini del territorio.
Quota di iscrizione € 27, gratuito per bambini fino agli 8 anni.
Info: tel. 333.6865290 – mail: proloco@comune.marmora.cn.it.
Secondo appuntamento la domenica successiva, il 27/2.
Ad Acceglio, ultimo centro della valle situato sotto alla maestosa Rocca Provenzale, si svolge Racchette e forchette, anch’essa strutturata in quattro tappe con colazione, tris di antipasti, ravioli alla panna, bocconcini di cinghiale con contorno, tris di dolci, caffé e digestivo.
Quota di partecipazione € 28,50.
Info: tel. 328.1577374 – 35.7372186; mail:  info@snowskidronero.it.
Entrambe le passeggiate prevedono un gadget personalizzato in omaggio per ciascun partecipante e, naturalmente, consentono di addentrarsi tra boschi incontaminati al cospetto di montagne innevate e di visitare borgate architettonicamente intatte e rese pregevoli dalla presenza di antichi affreschi, testimonianza di una tradizionale devozione popolare.

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Giovani e ribelli: i ragazzi che hanno fatto l’Italia

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“Ci hanno tacciato di essere facinorosi. Pazzi. Gente che non ha nulla da perdere. Adesso che tutto è riuscito battono le mani e plaudono ai “giovani eroi”. In verità, abbiam vissuto fatti che sembrano usciti dalla fantasia di un romanziere…”. Dal diario di uno dei Mille
Gioventù Ribelle è il programma del Ministero della Gioventù dedicato alle celebrazioni del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, presentato stamane in conferenza stampa a Sanremo dal ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, e dal cantante folk Davide Van De Sfroos, in qualità di direttore artistico per la parte musicale del progetto.
Un tributo alla generazione che 150 anni fa si fece levatrice del sogno di unità nazionale. Il programma si compone di diverse iniziative, che si svolgeranno per tutto il 2011 e lungo l’intero territorio italiano. Innanzitutto, la grande mostra al Vittoriano di Roma, inaugurata il 3 novembre scorso dal Presidente della Repubblica. Ne seguiranno altre che toccheranno centinaia di comuni.
Gioventù Ribelle è un percorso guidato attraverso i luoghi della memoria dell’Unità d’Italia. Un cammino da fare a piedi, in bicicletta o in treno, lungo le Strade della Libertà, sulle tracce di quei ragazzi generosi e ribelli che con la loro fede, talvolta con il loro sangue, innalzarono una nazione dove prima non c’era. Ogni percorso si articolerà attraverso la visita di città, musei e monumenti variamente legati alle vicende risorgimentali permettendo così la rievocazione di alcune figure di “Giovani Ribelli”. Una sorta di moderno pellegrinaggio laico e civile.
Gioventù Ribelle è la musica di ieri e di oggi. Grandi concerti a cui parteciperanno i più importanti artisti italiani di oggi. Ma è anche l’occasione per riscoprire la musica che faceva palpitare i giovani cuori di 150 anni fa, contribuendo a formare nelle coscienze di allora il sentimento dell’Unità d’Italia. In collaborazione con MTV.
Gioventù Ribelle è un videogioco per immedesimarsi nei ragazzi e nelle ragazze che fecero l’Italia e per imparare le tappe storiche che condussero all’unità della nazione. Uno strumento ludico e formativo nello stesso tempo. Il mezzo più diffuso di intrattenimento tra le giovani generazioni messo al servizio della memoria nazionale e dell’apprendimento individuale.
Gioventù Ribelle è il tour teatrale che attraverserà tutta la penisola per descrivere le gesta dei giovani ribelli, la loro solidarietà, insieme alla bellezza delle città da cui provenivano. Un lungo viaggio che grazie ai testi e alla musica popolare renderà possibile raccontare l’Italia attraverso le patrie diffuse che la compongono e la arricchiscono. In collaborazione con Rsi Group e Consel Divisione Eventi.

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“GHIACCIO VIVO” DI CAMANNI

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Venerdì 18 febbraio alle ore 18 presso la Libreria Volare, in corso Torino 44, a Pinerolo, verrà presentato l’ultimo libro di Enrico Camanni, “Ghiaccio vivo. Storia e antropologia dei ghiacciai alpini“, dedicato al secolare rapporto tra l’uomo e i ghiacciai. Un tema quanto mai attuale, nel quadro dei cambiamenti climatici contemporanei.
«I montanari del Seicento vissero l’avanzata dei ghiacciai alpini come una maledizione, perché una teologia infarcita di mito e superstizione attribuì la Piccola età glaciale alle colpe degli uomini. Ma nel Settecento l’inferno è diventato il paradiso, attraverso la progressiva rivalutazione dell’alta montagna e la percezione positiva dei ghiacciai, rivelatisi nella rappresentazione artistica, nell’avventura alpinistica e nella colonizzazione turistica.
Al termine di un lungo processo di riconversione simbolica, i cittadini del ventunesimo secolo vivono in modo perturbante la scomparsa dei ghiacciai. Se i nostri antenati temettero la discesa dei fiumi gelati, fonte di disordine e distruzione, al contrario noi temiamo e subiamo la salita dello zero termico e l’arretramento delle nevi in quanto agenti di minaccia, e immagini capovolte del male. Il “drago” delle paure e delle leggende primordiali si libera dal suo gelido sudario e riappare negli incubi notturni dell’improvvido popolo di internet al tempo del disgelo.
La colpa contemporanea è annidata nel dubbio inespresso che un patto sia stato tradito e un equilibrio incrinato per sempre. Il disordine etico, il nichilismo del mercato, la morte di Dio trovano una rappresentazione fisica e simbolica nello smagrimento dei ghiacciai, candide vittime di un’anoressia incurabile
».
Enrico Camanni
Ghiaccio vivo. Storia e antropologia dei ghiacciai alpini

Priuli & Verlucca, Scarmagno, ottobre 2010
Collana: Paradigma
320 pagine, 18,50 euro
Per altri appuntamenti e notizie relative all’autore
www.enricocamanni.it 



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Premio letterario internazionale Mario Rigoni Stern (Per valorizzare la cultura e l'umanità delle popolazioni dell'arco alpino.)

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Per ricordare lo scrittore Mario Rigoni Stern, per valorizzare la cultura e l'umanità delle popolazioni dell'arco alpino, è stato promosso il premio letterario internazionale, Premio Mario Rigoni Stern. Le genti alpine hanno creato infatti le proprie comunità in un ambiente naturale unico, all’interno di tradizioni culturali diverse legate alle specificità del loro territorio. Si tratta di un universo culturale affascinante e complesso, ispirato alla tolleranza e alla solidarietà, cerniera tra nord e sud, tra area mediterranea e area mitteleuropea: una vera e propria “civiltà alpina”, collocata nel cuore del Vecchio Continente, con i suoi valori, un suo bagaglio culturale e artistico, che rappresenta oggi, per la futura “Europa dei popoli”, uno straordinario modello di riferimento.

In questo quadro, le Alpi diventano un vero e proprio scrigno di valori, non solo paesaggistici e ambientali, ma soprattutto umani: un universo etico che Mario Rigoni Stern, dal “ritorno a baita” vagheggiato nel gelo di una steppa macchiata dagli orrori della guerra, non ha mai cessato di perseguire, come narratore, ma anche come intellettuale impegnato in un progetto di riscatto e di progresso del proprio mondo.
Le tematiche del Premio, cercano di individuare così gli elementi di eccellenza della narrativa e della saggistica di ambito alpino all’interno delle opere edite nei due anni precedenti, individuando, in maniera non esclusiva, nelle due rispettive modalità di scrittura, i seguenti specifici settori di interesse: il paesaggio alpino, nei suoi aspetti naturalistici e nella sua estetica, le attività produttive tradizionali, nelle loro specifiche valenze di ecocompatibilità, il contesto socioculturale delle comunità alpine, con le loro istituzioni storiche legate all’uso comunitario dei beni, la caccia, come attività legata a una particolare sensibilità ambientale, la guerra in montagna come scenario particolarissimo e doloroso della storia europea, il patrimonio narratologico dell’arco alpino, con le sue fiabe, le leggende, i suoi miti di ieri e di oggi.
Il Concorso si articola in due sezioni: la narrativa e la saggistica. Gli scritti dovranno essere relativi alle aree tematiche illustrate, pubblicati in una delle lingue parlate sull’arco alpino. I dettagli sulle motivazioni del Premio e sulle relative modalità di partecipazione sono illustrati sul sito del Premio. www.premiomariorigonistern.it
Le candidare dovranno pervenire entro il 31 marzo alla segreteria della giuria, presso il "Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina" , via Mach 2 - I 38010 San Michele all'Adige (TN).

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DUE SABATI SERA SULLE CIASTRE IN POSTI DA LUPI

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Il centro faunistico “Uomini e lupi“, inaugurato a Entracque (Cuneo) il 14 giugno 2010 dopo una lunga gestazione, rappresenta un unicum nel panorama delle Alpi italiane, essendo il solo centro dedicato interamente alla tutela e alla salvaguardia del lupo sull’arco alpino.

Sono due gli spazi espositivi che compongono il centro, uno in Entracque paese e l’altro in località Casermette, entrambi dotati di allestimenti multimediali. La sezione di Casermette comprende un recinto di circa otto ettari al cui interno sono ospitati alcuni esemplari di Canis lupus italicus; si tratta di animali che non potrebbero vivere in libertà, o perché vittime di gravi incidenti, o perché già nati in condizioni di cattività.

Al centro dell’area si erge una torretta di tre piani dalla quale si può osservare una larga parte dello spazio recintato; a questa torretta si giunge attraverso un tunnel, sede di un percorso di visita su tutto ciò che gravita attorno al pianeta lupo. Lo spazio espositivo in Entracque paese è invece incentrato sul rapporto uomo-lupo, sviscerato attraverso i miti e le leggende che da sempre hanno visto protagonista il lupo.

Nei primi mesi della sua fin qui breve ma intensa esistenza il centro faunistico “Uomini e lupi” si è imposto subito come polo di attrazione del Parco delle Alpi Marittime, grazie anche alle innumerevoli iniziative rivolte a tutte le fasce di età di cui si è fatto promotore. In particolare, il 12 e il 26 febbraio sono in calendario gli ultimi due imperdibili appuntamenti dell’originale rassegna “Posti da lupi…passeggiate in notturna con le ciastre al centro Uomini e lupi”, che propone un connubio tra natura, divertimento e buon cibo.

Il programma prevede il ritrovo alle ore 18 presso il centro per una passeggiata notturna con le ciastre nei territori frequentati dai lupi della valle Gesso con l’accompagnamento di un guardiaparco. Al termine della passeggiata visita della sezione di Casermette, straordinariamente aperta dalle 18 alle 22, con attivo il servizio bar “Chioscotto del lupo”. Alle ore 20.30 spuntino a a base di affettati e formaggi locali, “torta del lupo”, vin brulè (accompagnamento, ingresso centro con serata di animazione e spuntino del lupo € 22). In alternativa è possibile optare per la “Cena del Lupo” nei ristoranti di Ecoturismo InMarittime convenzionati (accompagnamento e cena € 26). Su richiesta sono disponibili racchette da neve a noleggio (€ 4).

Per partecipare è obbligatoria la prenotazione allo 0171.978068 ed è necessario essere equipaggiati di abbigliamento termico, guanti, berretto e torcia elettrica.

Tratto da: Mountain Blog


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LA FESTA DEL GHIACCIO - Nella splendida Val Varaita

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La valle Varaita d’inverno non è solo caratterizzata dalla neve e dalle ciaspolate nei boschi: la vera attrattiva della zona sono le cascate di ghiaccio, su cui è possibile arrampicarsi con l’aiuto di ramponi ai piedi e picozze tra le mani.
Questo sport, una sorta di versione invernale dell’alpinismo su roccia, è nato una trentina di anni fa proprio in questa valle, oggi considerata una delle tre migliori zone in Italia per questa attività.
Attualmente le scalate non sono più solo un’attrattiva per gli amanti degli sport estremi, ma anche per famiglie e appassionati, che possono mettersi alla prova senza rischi in apposite palestre di ghiaccio. Appena dopo la diga di Castello, frazione di Pontechianale, si trova una vecchia cava, in forma di anfiteatro, dove le formazioni ghiacciate sono state messe in sicurezza per l’arrampicata: un modo per far avvicinare il pubblico alle attività in montagna senza dover affrontare i rischi che comportano i luoghi isolati e l’alta quota, soprattutto nella stagione invernale.
Proprio qui, dal 1988 si svolge la Festa del Ghiaccio, anche quest’anno ricca di novità.
La manifestazione sarà preceduta da due incontri presso la libreria Segnavia di Brossasco, specializzata in montagna e turismo: ospite della serata di venerdì 4 febbraio l’alpinista Guido Ghigo, presentato da Max Piras, mentre venerdì 11 febbraio gli appassionati di arrampicata potranno incontrare il climber del ghiaccio François Damilano, introdotto da Fulvio Scotto.
Ma la vera festa comincerà sabato 12 febbraio: alle ore 10.30 ritrovo presso l’anfiteatro di Castello, dove per tutta la giornata verranno proposti al pubblico vari materiali da testare forniti dagli sponsor, con possibilità per i principanti di arrampicare assistiti da una guida e da diversi istruttori. Alle ore 18.30 ritrovo per la ciaspolata notturna con un percorso articolato nel bosco di pini cembri sotto le stelle con cena presso il rifugio Savigliano, per poi rientrare in tempo a Castello per l’arrampicata notturna e la lotteria finale, con bevande calde e intrattenimenti.
Domenica 13 si proseguirà con i test sulle novità dei materiali 2011, una gara di scalata su ghiaccio aperta a tutti e una seconda ciaspolata pomeridiana alla scoperta delle cascate di ghiaccio della zona. L’escursione è a cura delle guide di Terre Alte, prenotazione obbligatoria entro venerdì 11 febbraio telefonando al numero 347.1449201.
Per maggiori informazioni consulta il sito www.festadelghiaccio.it oppure vai su www.cuneoclimbing.it

Tratto da: Mountain Blog


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Due fratelli italiani… [ Elvio e Davide Lagomarsino ]

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Nel mondo alpinistico, quando si parla di fratelli nel verticale, ci si riferisce subito alle coppie di scalatori d’eccezione che tengono il mondo con il fiato sospeso. La fantasia subito vola agli Huberbuam, Thomas ed Alexander, oppure agli Hermannos Pou, Iker ed Eneko. Sono oramai anni che questi alpinisti/arrampicatori lottano amichevolemente liberando ed aprendo vie in giro per il mondo.
Come sappiamo però, la montagna è vissuta in primo luogo dalla gente “comune” che ogni giorno ricalca le rughe di roccia e ghiaccio di Madre Natura. Questo giudizio, comunemente accettato, è comunque ancora un qualche cosa di parziale. Osservando più da vicino e con occhi meno “modaioli”, ci si rende conto che il popolo della gente “normale” presenta in realtà dei “campioni” che soltanto pochi anni fa avrebbero fatto parlare il mondo con le proprie prodezze e che ora si limitano a viver con semplicità la propria passione, sconosciuti ai più. Vi sono molte cordate che possono vantare prestazioni notevoli ma che si tengono il loro mondo per sé.
In questo clima di allegra spensieratezza, in questo “non prendersi sul serio” e “non darsi delle arie” possiamo collocare gli italianissimi fratelli “Wuber”… anzi “Wuberstyle”.
Chiedete a questi due ragazzi se pensano di esser forti e vi risponderanno con una risata canzonatoria. Ed è proprio questo il bello… questa cordata si reputa niente più che la norma possibile… “due arrampicatori come tanti”, forse gli sentirete dire, nonostante abbiano scalato in Italia ed in giro per i continenti, su difficoltà che generalmente le migliaia di appassionati di montagna non osano nemmeno sognare in aperta parete. Eppure… il loro modo di fare rimane scanzonato, disincantato, semplice…
Quarant’anni fa il limite alle capacità umane era il VI grado… oggi il limite è dettato solamente dai propri sogni. I fratelli wuber rappresentano nella loro semplicità, nel loro sorriso sempre presente e spensierato, lo stile che forse, io spero, farebbe bene a tutti noi seguire.
Salgono pareti vertiginose nel mondo tentando la libera, conoscendo le popolazioni locali, imparando costumi ed abitudini e vivendo avventure… estreme. Non fanno trambusto al loro passaggio, ed è proprio questo che permette loro di ascoltare la canzone del mondo, rumore delle piccole grandi cose.
Nella civiltà dell’avere e dell’apparire, ecco un modo di essere, semplice e con il sorriso.
Qual è il vostro nome ed il vostro nick?
E: Wuber 2 (Elvio Lagomarsino)
D: WuberOne (Davide Lagomarsino) [Gioco di parole per dire che è muscoloso n.d.i.]
Anno di nascita?
E: 1970
D: 1967
Dove sei nato?
E: Zena
D: Genova
Dove vivi?
E: Zena, non è cosí male
D: Genova
Da quando vai in montagna?
E: Quand’ero infante ogni estate i miei portavano me e Wuberone in Val d’Aosta e Dolomiti. L’olezzo dei rifugi, la fatica lungo i sentieri, i temporali improvvisi e molto altro han generato una passione tuttora inesauribile.
D: Da quando sono nato, i nostri genitori hanno sempre vissuto la montagna 4 stagioni. Ovviamente ci hanno portato anche al mare, ma notando la nostra apatia hanno rinunciato a portarci nelle assolate spiagge.
Come hai iniziato?
E: Semplici gite con mamma e papá di un’oretta o poco piú lentamente si sono evolute col tempo diventando escursioni impegnative, vie ferrate, vie normali di secondo se non terzo grado.
D: Stesso percorso di mio fratello, poi un bel giorno mio fratello è venuto da me con un paio di Mariacher in mano e mi ha detto.. “le tengo nel bagagliaio dei miei cugini, ìl prossimo we vieni con me che ti cambio la vita!”. Da quel giorno ho incominciato a Finale Ligure a prendere le mie prime ringhierate e ad imparare a “mungere” adeguatamente i rinvii.
Da quanto pratichi l’arrampicata?
E: A 22 anni, corrotto dai miei cugini che avevano iniziato da poco, comprai le scarpette all’insaputa dei miei genitori e iniziai a frequentare il Finalese senza alcuna conoscenza tecnica imparando di volta in volta dai molti errori, fortunatamente non fatali.
D: Non ci voglio pensare, giusto per non ricordarmi che il tempo passa anche per me. Autodidatta insieme a mio fratello, ai tempi nel Finalese le vie di quinto e quarto erano praticamente Trad Chiodi tradizionali, cordoni marci e pelo sul petto sempre dritto. Belle esperienze. Passato il 6a le vie diventavano per fighetti dalle braghe aderenti fosforescenti multicolore, tutte attrezzate a spit.
Le vie multipitch?
E: Nel ’93 a Briancon Bat aveva invitato me e Wuberone a fare la Voie de la Grande Mere nei Cerces. Subito declinammo l’invito ma il giorno dopo eravamo lí ad ululare e farcela addosso perché gli spit erano a distanze chilometriche (leggemmo in seguito che le protezioni dovevano essere integrate con nut e friends). Insomma un gran debutto.
D: Stessa storia del Wuberino, in questo momento senza vie lunghe, smetterei di arrampicare.
L’alpinismo?
E: Avendo fatto vie normali come il Monviso, il Gran Paradiso e tante altre in tenerissima etá si puó affermare che sono stato alpinista piú da bambino che da adulto.
D: Monviso, Gran Paradiso, tutti i picchi sopra i 4000 m del Monte Rosa, qualche altra montagna meno conosciuta. Esperienza fatta con piacere, ma non la ripeterei non è mai stato il mio obiettivo.
È il tuo mestiere?
E: Se fosse un mestiere smetterei ora.
D: Idem
Al massimo quanto ti sei allenato? [al di fuori della roccia n.d.i.]
E: 3/4 volte alla settimana per 1/2 ore. Bestiale.
D: Io mi non mi alleno mai, non ne ho bisogno, corro e scalo.
Come e dove?
E: Sempre la sera dopo il lavoro. Un’ora di corsa e corpo libero il lunedí ed il mercoledí, due discorsi e altrettanti circuiti al pannello della Sciorba [palestra boulder n.d.i.] il martedí e forse giovedí.
D: Quando posso e dove posso compatibilmente con gli impegni familiari
Quanto ti alleni ora?
E: Qualche volta alla settimana, ma basta chiedere a chiunque in palestra per capire la qualità e quantitá del mio allenamento…
D: Corro due/tre volte la settimana per circa 10/15km, per scalare se va bene scalo 1 giorno alla settimana
Quali sono le tue migliori prestazioni?
E: Svegliarmi tardi e fare comunque una bella via lunga e difficile è sempre una prestazione top, sennó i crudi numeri dicono 7b+ a vista e 7c lavorato, entrambi farlocchi.
D: Oramai quelle di “alto livello” sono un lontano ricordo, 6c+/7a a vista e 7b lavorato. Quelle attuali sono che il 6a lo faccio dove e come e in qualsiasi stile ovunque.
Hai aperto/chiodato?
E: Con Nelson, profondo conoscitore della Val Tanaro, Wuberone, Donde ed altri amici abbiam chiodato alcune vie moderne che oggi sembrano apprezzate. Vorrei farne altre ma il tempo libero è sempre poco e tiranno.
D: Stessa cosa detta da Elvio..
Hai iniziato a scalare a Finale?
E: La prima via è stata la Luc a Monte Cucco, male ai piedi, terrore cieco e corda dall’alto a bastone è quello che piú ricordo: stupendo.
D: Ovvio, alla Placca dell’Oasi, gambe in risonanza dalle vibrazioni lo ricordo come fosse ieri.
Hai poi arrampicato in Verdon?
E: Il Verdon è uno dei miei posti preferiti, un vero amore. Non le ho mai contate ma devo essere pericolosamente vicino alle cento vie scalate.
D: Quando si parla di Verdon si parla di casa mia, nel senso, mi sento a casa. Non ne avrò fatte cento, ma più o meno sulle 50/60 sicuramente, forse più…
Hai scalato in Europa?
E: Francia, Svizzera, Spagna e Grecia hanno decine di luoghi imprescindibili per uno scalatore/viaggiatore come me. Per me é importantissimo confrontarsi con tanti tipi di roccia, protezione, ambiente, con gli arrampicatori locali. È un arricchimento continuo, in piú, spesso ci si diverte veramente.
D: Stessi luoghi di Elvio a parte alcuni, per me scalare senza viaggiare corrisponde alla morte della scalata. Non arrampicherei più se sapessi di dover scalare per sempre solo in Liguria.
E nel mondo?
E: Dal 2005 al 2010 sono stato in Messico al Potrero Chico, in Marocco a Taghia, in Giordania a Wadi Rum, in Mali alla Mano di Fatima, in USA a Yosemite e Red Rock, in Turchia nell’Ala Daglar. Si puó dire che le ferie le uso a fondo, non sono un peso per l’azienda in cui lavoro.
D: Dal 2005 al 2010 Messico, Marocco, USA, con stesse locations.
Chi erano i tuoi miti?
E: Bat, Ermanno, lo Sguara…insomma gli amici coi quali ho scalato e condiviso molte esperienze.
D: Tutti gli amici conosciuti iniziando a scalare (gli stessi menzionati da Elvio).
Chi sono i tuoi miti?
E: Quelli che sembrano spacciati e invece ce la fanno.
D: Quelli che ce la fanno e li davano per spacciati.
Quanto costa una delle vostre “spedizioni”?
E: Di solito il volo è la spesa maggiore (dai 250 ai 1000 euro), ma in totale difficilmente si va oltre 1000/1500 euro a testa per 2/3 settimane.
D: A parte gli USA dove ho volutamente speso 1100$ per noleggiare una Dodge per poco meno di 20gg sportivissima, rossa fiammante 4000cc V6 (eravamo zarrissimi ) cerco di spendere sempre il meno possibile in quanto sono povero in canna!
Come si fa ad organizzare un viaggio del genere?
E: www.google.it
D: Passione, voglia, tempo libero e la forte motivazione di volersi mettere in gioco in posti completamente sconosciuti
In che modo scegliete i vostri obbiettivi?
E: Riviste, siti internet, persone che ci son giá state…tutto parte dal desiderio di scoprire luoghi nuovi, poi man mano si passa alle cose pratiche finché un giorno ti svegli e sei lí dove volevi.
D: Esattamente come lo descrive Elvio, anche se ultimamente sono più orientato per posti definiti “Mecche storiche” dell’arrampicata mondiale e/o luoghi più esotici, particolari.
Quando viaggiate siete interessati anche alla cultura dei posti?
E: La cosa piú interessante è il contatto con la gente locale, arrampicatori e non. Nei luoghi piú poveri dettato da esigenze di base come medicine, altre volte da pura curiositá reciproca e divertimento. È sempre bello essere invitati ad una cena nel deserto o insegnare parolacce italiane ai bambini!
D: A tutto, anche se ovviamente siamo più orientati a scalare e quindi a vivere quei luoghi in modo più distaccato.
Ed all’ambiente?
E: Arrampicare belle vie in ambiente unico è il piacere cui non vorrei essere mai sottratto. Detto questo bisogna comunque sempre bloccare basso.
D: Senza l’ambiente non c’è il pretesto per viaggiare. È una condizione insindacabile.
Che esperienze vivete?
E: Viaggi a dorso di mulo, alimentazione inadeguata, dissenterie, dita e braccia cotte, rientri notturni, bivacchi piú o meno calcolati, corde doppie incastrate, discese esposte, assenza di soccorso, animali pericolosi…come si fa a rinunciare ad esperienze del genere?
D: Esattamente! Sono momenti che rimangono in testa per tutta la vita, e cosa ancor più bella è che li ho passati in compagnia di mio fratello con cui ho condiviso un’infinità di momenti bellissimi.
Quali saranno i prossimi progetti?
E: Tsaranoro, Bugaboos, Cochamo, Indian Creek…e mille altri, in genere preferisco parlare di ció che si è fatto, non di ció che si fará.
D: Il primo ed imminente (se non mi crolla il mondo in testa) è il Peak District in Inghilterra, mi affascina e voglio conoscere come vivono gli Inglesi l’arrampicata “clean” nella patria mondiale del trad! Il futuro lo riserverò ad altri luoghi esotici che ho in testa ma che non voglio rivelare.
Cosa dici ad un ragazzo che inizia a fare arrampicata?
E: Di fare solo boulder cosí le vie lunghe non s’intasano! Ma se capita sul mio sito allora son fregato…
D: Di divertirsi pure dove vuole nel rispetto della natura e delle persone e se vuole di ripetere tutte le mie esperienze, tanto io sarò in qualche luogo sperduto con il libro delle vie dello “gite” di turno ancora tutto da scrivere.
Se volete saperne di più questo è il sito dei due fratelli: www.wuberstyle.net

Tratto da: Mountain Blog


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