ERNESTO DOTTA - L’esperienza profonda dell’andare in montagna

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Ernesto Dotta, Erne per gli amici, il “Duca” per gli ammiratori, è un montagnardo nato nel ’56, ai Piani di Celle Ligure, in quel di Savona. Come lui sottolinea …«è importante la frazione perchè c’era un forte senso di appartenenza ai tempi. Ricordo ancora bene le sfide a calcio tra quartieri, su un polveroso campo triangolare, (nel vero senso geometrico)… posto davanti alla Parrocchia di Celle “Paese”».
Se chiedete ad Ernesto se lui è sia o meno alpinista esperto o conosciuto, come altri amici comuni di Mountain Blog… si farà una risata! Ma cosa fa e dove vive oggi Ernesto?
«Sempre a Celle Ligure e mi sono pure sposato una (ex)ragazza, indovina un po’…di Celle».
Tutto ciò ci riporta, apparentemente, ad un frequentatore della montagne come tanti altri, uno di quelli che vive la sua passione, nel flusso degli eventi. In realtà il signor Dotta è soltanto una persona molto, molto umile, un apritore di vie che ha scalato ovunque in Italia, battendo il terreno della scoperta in gran parte d’Europa.
Il suo è un fare silenzioso, in armonia con la natura. Non vi è gran posto per le persone silenti come Ernesto, nelle testate giornalistiche che vanno per la maggiore, salvo qualche timida comparsa, celata nel mucchio di pagine riguardanti il mondo lontano che nessuno di noi frequenterà mai. Eppure, migliaia di arrampicatori oggi scalano grazie alle creazioni di Erne, che zitto zitto, continua a progettare e dipingere linee sulla roccia, con amore e grande impegno, senza mai chiedere nulla in cambio.
Da quando vai in montagna?
Da sempre…; diciamo fin da piccolo
Come hai iniziato?
Con mio padre; prima semplici escursioni, poi vie normali, poi qualche semplice scalata… Ma tra i ricordi ci sono anche intere settimane passate nei rifugi, allora quasi sempre incustoditi.
Da quanto pratichi l’arrampicata?
…da quando scalavo i massi erratici durante i giorni solitari nei rifugi da ragazzino.
La vera arrampicata è cominciata tardi, si può dire, prima era un andar per monti e creste, forse un po’ …”inconsapevole”
Com’è cominciato tutto?
Ufficialmente, con un corso del CAI di Savona
Hai fatto anche alpinismo?
Cos’è oggi “alpinismo” ??
Diverse normali e non, con amici e qualche volta da solo, anche il Bianco ed alcuni 4000; ma ricordo con grande piacere cime poco conosciute, salite con mio padre o con mia moglie Titti. Alla fine torno sempre lì; mi piace camminare in montagna, assaporarla, entrarci in sintonia.
Quando hai iniziato ad aprire vie e chiodare?
Diciamo dopo il 2000; ma la “pietra miliare” è stata l’apertura dal basso, insieme a Marco (Minu) Minuto, della via “Vecchie Beline”, una salita che ci aveva entusiasmato ma che ci aveva pure dato qualche patema…
Cosa intendi con “qualche patema” ?
La nostra scalata ad un certo punto, e per forza di cose, aveva incrociato un tratto di salita della bella e storica via “Avanzini-Rossa”. Non potevamo far altro, seguendo la logica della nostra linea, che utilizzare tale tratto. Ma certo la questione ci ha molto fatto discutere e pensare su come agire per evitare uno “sgarbo” ai nostri conosciuti (ed amati) predecessori. Da qui sono nati i nostri personali patemi! …ed in parte anche il nome poi dato alla via.
Quante vie hai aperto e quante ne hai chiodato?
….ehhmm, sono una frana nel ricordare o catalogare il “quanto”! Dai buttiamo lì senza voler esagerare; una quindicina di vie lunghe più una settantina almeno di monotiri… ma in testa c’è ancora qualcosina!
Come puoi descriverci la parete nord della Rocca di Perti in quel di Finale?
Sono sempre stato attratto dal suo regale isolamento e dal suo aspetto severo; ma solo ben dopo averne salito le diverse vie ho “osato” avvicinarmi in modo diverso…
Era, ed è ancora, un luogo appartato dove trovare spazi e silenzi, ma dove nel contempo erano passati molti scalatori “raccontando” varie storie…
Ora la Nord di Perti ha forse un nomea meno “arcigna”, ma le storie rimangono, anzi si sono moltiplicate in questi ultimi anni; stà agli arrampicatori, se vogliono, conoscerle e approfondirle, perchè ne vale la pena se si vuole scalare sulla sua roccia con una diversa consapevolezza
Come puoi descriverci il monte Castellaro? Quali peculiarità e pregi?
È, in piccolo, la quintessenza dell’Appennino Ligure e delle sue rocce; un luogo al confine tra il mare e la montagna. Le sue pareti ospitano ad oggi una quantità di vie e monotiri che consentono a molti di cimentarsi in sufficiente sicurezza in un ambiente rilassante.
Che cos’è “Nonno Dino”?
Era… una bella scoperta fatta in compagnia di mio padre, nel gennaio del 2004.
Rimane.. una bella via di scalata nel cuore del versante nord della Rocca di Perti
Chi era Secondo Dotta? [Padre di Ernesto]
Un Uomo, prima di tutto; certo ha vissuto in un periodo difficile, come tanti nostri anziani, che lo ha segnato e costretto a crescere in fretta, ma in lui è sempre rimasta viva la voglia di ”stare in montagna” con gli amici. Dino ci ha insegnato ad accontentarci delle cose semplici, ci ha permesso di “vedere la Montagna”….
Alla sua “ultima salita” sull’amato M. Antoroto lo hanno accompagnato un gruppetto di amici nel giorno del suo (mancato) 80 compleanno il 31 luglio 2008.
Che cos’è Via “Attraverso il Fico”?
Ti rispondo citando uno tra i tanti commenti ricevuti al riguardo:
«Via bellissima…la linea del “fico” è molto logica, a tratti spettacolare, quasi sempre di una
verticalità a prova di goccia! I due tiri in fessura poi sono un vero test di inventiva motoria. Un autentico godimento per noi nostalgici della scalata tecnica».
Ma rimane anche una soddisfazione personale nell’averla ideata e salita col solito gruppo di amici, nonché un piacere averla potuta dedicare ad Alessandro Piccinino, proprio grazie al fatto che qualcuno, coi suoi ricordi, mi ha permesso di addentrarmi nella storia della parete.
La montagna è il tuo mestiere?
Certo che no, ma “l’impronta” che mi ha lasciato dentro è grande…
Lavoro invece in palestra, sia in un Liceo Statale che in una società sportiva di Pallavolo
Hai allenato squadre giovanili di pallavolo portandole a grandi livelli?
Negli ultimi anni mi sono dedicato esclusivamente ai ragazzi; ho allenato nel settore giovanile prendendo “in carico” le squadre di under 13 per accompagnarli fino ai 16/18 anni al massimo. Ho avuto belle soddisfazioni giungendo varie volte alle Finali Nazionali, ma il piacere più appagante è vedere ancora oggi molti (ex)ragazzi divertirsi a giocare …e ricevere sempre da loro un abbraccio e parole di ricordo ed affetto.
Pensi che l’arrampicata possa essere un elemento aggregante per le persone?
Come lo sono diverse attività sportive…ma è certo che se si riesce ad andare un po’ al di là della palestra indoor o della falesia, si sviluppano esperienze più profonde !
Molte persone sostengono che l’arrampicata può generare turismo ecocompatibile tu che ne pensi?
Sono abbastanza d’accordo; ma, a mio parere, devono essere poste delle limitazioni intelligenti, fatte poi rispettare con rigore, se vogliamo parlare di “ecocompatibile”!
Cosa diresti ad un ragazzo che inizia a fare arrampicata?
…vai e divertiti !!
E se inizia a fare alpinismo?
…vai e divertiti, ma metti la canotta di lana !!
Nel senso che distinguo l’arrampicata sportiva, dalla scalata “in ambiente” (su grandi pareti in montagna) e dall’alpinismo; e vorrei sempre che chi inizia lo abbia ben presente!
Qual è il futuro dell’arrampicata e quale quello dell’alpinismo?
……è un parere che non mi sento di dare.
Se dovessi,come descriveresti la Montagna d’un tempo?
Forse più mitizzata, ma anche più temuta e rispettata nei suoi valori di territorio.
E quella d’oggi?
Possiamo in modo scontato dire che è più “patinata” e “sfruttata”; ma, in fin dei conti, poi non molto diversa… pur tenendo conto della frequentazione ben più sviluppata di pari passo con l’evoluzione della tecnica e della conoscenza.
Tu hai scalato e camminato in tutto l’arco alpino ed in svariate regioni d’Europa.
Pensando a tutte le centinaia di luoghi che hai visto, a paragone che montagne sono le Alpi Marittime che tanto hai vissuto?
Le Marittime sono il primo amore… è difficile dimenticarlo, e quale cambiamento porta nel cuore di un ragazzo. Certo la loro non è una bellezza “facile” o “comoda”. Sono un piccolo affascinante mondo; sanno essere selvagge, aspre e dure, così come dolci e imprevedibili.
Rimane il fatto che mi è sempre piaciuto conoscere un po’ più a fondo i luoghi dove scalo o dove cammino, ed in ciò molto ha influito la mia compagna; ci documentiamo e leggiamo storie o leggende dei luoghi, sia prima che dopo esserci passati.
Qual è il futuro delle Marittime?
Speriamo che, unitamente ad un certo sviluppo, esse non vengano stravolte nella loro specificità.
Cosa c’è di negativo nell’attuale mondo delle montagna?
Il continuo tentativo di sfruttamento da parte di alcune lobby, non sempre compatibile con la Montagna stessa e con gli interessi ambientali della collettività.
Cosa c’è di positivo?
Un qualche ritorno alla vita di alcuni luoghi abbandonati, e in alcuni casi uno sviluppo attento alla modernità ma anche alle esigenze dell’ambiente alpino.
Quale il futuro della Montagna?
Mi ripeto …è un parere che non mi sento di dare.

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MANGIARE CON LE CIASPOLE AI PIEDI - Due proposte dalla valle Maira in provincia di Cuneo

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Da diversi anni la provincia di Cuneo è teatro di numerose camminate naturalistiche con tappe mangerecce: un binomio interessante per andare alla scoperta di due tra le caratteristiche più significative di questo territorio, la natura e l’enogastronomia.
Non potevano mancare le edizioni invernali di queste divertenti passeggiate, naturalmente con le ciaspole ai piedi. A farla da padrona, la valle Maira che nel mese di febbraio ne organizza ben due di ottimo livello e su sentieri dal fascino incredibile.
Si comincia domenica 20/2 con Minjar abou le ciastros, che nella lingua occitana del posto significa appunto “mangiare con le ciaspole”: la camminata si svolge tra le borgate del comune di Marmora, in uno dei valloni laterali che si dipartono dalla valle principale. In quattro tappe in altrettante borgate saranno serviti la colazione, gli antipasti tipici del luogo (pane, burro e acciughe, torta di cavoli e patate, polenta con bagna bianca), la zuppa di fagioli “alla marmorina”, un piatto di formaggi (toma di Elva, blu di mucca, toma trilattica e formaggio di capra) con marmellate e miele e, per finire un tris di dolci (dolce al cioccolato, panna cotta all’amaretto, semifreddo allo zabaglione). Il tutto, naturalmente, accompagnato da una scelta di ottimi vini del territorio.
Quota di iscrizione € 27, gratuito per bambini fino agli 8 anni.
Info: tel. 333.6865290 – mail: proloco@comune.marmora.cn.it.
Secondo appuntamento la domenica successiva, il 27/2.
Ad Acceglio, ultimo centro della valle situato sotto alla maestosa Rocca Provenzale, si svolge Racchette e forchette, anch’essa strutturata in quattro tappe con colazione, tris di antipasti, ravioli alla panna, bocconcini di cinghiale con contorno, tris di dolci, caffé e digestivo.
Quota di partecipazione € 28,50.
Info: tel. 328.1577374 – 35.7372186; mail:  info@snowskidronero.it.
Entrambe le passeggiate prevedono un gadget personalizzato in omaggio per ciascun partecipante e, naturalmente, consentono di addentrarsi tra boschi incontaminati al cospetto di montagne innevate e di visitare borgate architettonicamente intatte e rese pregevoli dalla presenza di antichi affreschi, testimonianza di una tradizionale devozione popolare.

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Giovani e ribelli: i ragazzi che hanno fatto l’Italia

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“Ci hanno tacciato di essere facinorosi. Pazzi. Gente che non ha nulla da perdere. Adesso che tutto è riuscito battono le mani e plaudono ai “giovani eroi”. In verità, abbiam vissuto fatti che sembrano usciti dalla fantasia di un romanziere…”. Dal diario di uno dei Mille
Gioventù Ribelle è il programma del Ministero della Gioventù dedicato alle celebrazioni del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, presentato stamane in conferenza stampa a Sanremo dal ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, e dal cantante folk Davide Van De Sfroos, in qualità di direttore artistico per la parte musicale del progetto.
Un tributo alla generazione che 150 anni fa si fece levatrice del sogno di unità nazionale. Il programma si compone di diverse iniziative, che si svolgeranno per tutto il 2011 e lungo l’intero territorio italiano. Innanzitutto, la grande mostra al Vittoriano di Roma, inaugurata il 3 novembre scorso dal Presidente della Repubblica. Ne seguiranno altre che toccheranno centinaia di comuni.
Gioventù Ribelle è un percorso guidato attraverso i luoghi della memoria dell’Unità d’Italia. Un cammino da fare a piedi, in bicicletta o in treno, lungo le Strade della Libertà, sulle tracce di quei ragazzi generosi e ribelli che con la loro fede, talvolta con il loro sangue, innalzarono una nazione dove prima non c’era. Ogni percorso si articolerà attraverso la visita di città, musei e monumenti variamente legati alle vicende risorgimentali permettendo così la rievocazione di alcune figure di “Giovani Ribelli”. Una sorta di moderno pellegrinaggio laico e civile.
Gioventù Ribelle è la musica di ieri e di oggi. Grandi concerti a cui parteciperanno i più importanti artisti italiani di oggi. Ma è anche l’occasione per riscoprire la musica che faceva palpitare i giovani cuori di 150 anni fa, contribuendo a formare nelle coscienze di allora il sentimento dell’Unità d’Italia. In collaborazione con MTV.
Gioventù Ribelle è un videogioco per immedesimarsi nei ragazzi e nelle ragazze che fecero l’Italia e per imparare le tappe storiche che condussero all’unità della nazione. Uno strumento ludico e formativo nello stesso tempo. Il mezzo più diffuso di intrattenimento tra le giovani generazioni messo al servizio della memoria nazionale e dell’apprendimento individuale.
Gioventù Ribelle è il tour teatrale che attraverserà tutta la penisola per descrivere le gesta dei giovani ribelli, la loro solidarietà, insieme alla bellezza delle città da cui provenivano. Un lungo viaggio che grazie ai testi e alla musica popolare renderà possibile raccontare l’Italia attraverso le patrie diffuse che la compongono e la arricchiscono. In collaborazione con Rsi Group e Consel Divisione Eventi.

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“GHIACCIO VIVO” DI CAMANNI

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Venerdì 18 febbraio alle ore 18 presso la Libreria Volare, in corso Torino 44, a Pinerolo, verrà presentato l’ultimo libro di Enrico Camanni, “Ghiaccio vivo. Storia e antropologia dei ghiacciai alpini“, dedicato al secolare rapporto tra l’uomo e i ghiacciai. Un tema quanto mai attuale, nel quadro dei cambiamenti climatici contemporanei.
«I montanari del Seicento vissero l’avanzata dei ghiacciai alpini come una maledizione, perché una teologia infarcita di mito e superstizione attribuì la Piccola età glaciale alle colpe degli uomini. Ma nel Settecento l’inferno è diventato il paradiso, attraverso la progressiva rivalutazione dell’alta montagna e la percezione positiva dei ghiacciai, rivelatisi nella rappresentazione artistica, nell’avventura alpinistica e nella colonizzazione turistica.
Al termine di un lungo processo di riconversione simbolica, i cittadini del ventunesimo secolo vivono in modo perturbante la scomparsa dei ghiacciai. Se i nostri antenati temettero la discesa dei fiumi gelati, fonte di disordine e distruzione, al contrario noi temiamo e subiamo la salita dello zero termico e l’arretramento delle nevi in quanto agenti di minaccia, e immagini capovolte del male. Il “drago” delle paure e delle leggende primordiali si libera dal suo gelido sudario e riappare negli incubi notturni dell’improvvido popolo di internet al tempo del disgelo.
La colpa contemporanea è annidata nel dubbio inespresso che un patto sia stato tradito e un equilibrio incrinato per sempre. Il disordine etico, il nichilismo del mercato, la morte di Dio trovano una rappresentazione fisica e simbolica nello smagrimento dei ghiacciai, candide vittime di un’anoressia incurabile
».
Enrico Camanni
Ghiaccio vivo. Storia e antropologia dei ghiacciai alpini

Priuli & Verlucca, Scarmagno, ottobre 2010
Collana: Paradigma
320 pagine, 18,50 euro
Per altri appuntamenti e notizie relative all’autore
www.enricocamanni.it 



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Premio letterario internazionale Mario Rigoni Stern (Per valorizzare la cultura e l'umanità delle popolazioni dell'arco alpino.)

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Per ricordare lo scrittore Mario Rigoni Stern, per valorizzare la cultura e l'umanità delle popolazioni dell'arco alpino, è stato promosso il premio letterario internazionale, Premio Mario Rigoni Stern. Le genti alpine hanno creato infatti le proprie comunità in un ambiente naturale unico, all’interno di tradizioni culturali diverse legate alle specificità del loro territorio. Si tratta di un universo culturale affascinante e complesso, ispirato alla tolleranza e alla solidarietà, cerniera tra nord e sud, tra area mediterranea e area mitteleuropea: una vera e propria “civiltà alpina”, collocata nel cuore del Vecchio Continente, con i suoi valori, un suo bagaglio culturale e artistico, che rappresenta oggi, per la futura “Europa dei popoli”, uno straordinario modello di riferimento.

In questo quadro, le Alpi diventano un vero e proprio scrigno di valori, non solo paesaggistici e ambientali, ma soprattutto umani: un universo etico che Mario Rigoni Stern, dal “ritorno a baita” vagheggiato nel gelo di una steppa macchiata dagli orrori della guerra, non ha mai cessato di perseguire, come narratore, ma anche come intellettuale impegnato in un progetto di riscatto e di progresso del proprio mondo.
Le tematiche del Premio, cercano di individuare così gli elementi di eccellenza della narrativa e della saggistica di ambito alpino all’interno delle opere edite nei due anni precedenti, individuando, in maniera non esclusiva, nelle due rispettive modalità di scrittura, i seguenti specifici settori di interesse: il paesaggio alpino, nei suoi aspetti naturalistici e nella sua estetica, le attività produttive tradizionali, nelle loro specifiche valenze di ecocompatibilità, il contesto socioculturale delle comunità alpine, con le loro istituzioni storiche legate all’uso comunitario dei beni, la caccia, come attività legata a una particolare sensibilità ambientale, la guerra in montagna come scenario particolarissimo e doloroso della storia europea, il patrimonio narratologico dell’arco alpino, con le sue fiabe, le leggende, i suoi miti di ieri e di oggi.
Il Concorso si articola in due sezioni: la narrativa e la saggistica. Gli scritti dovranno essere relativi alle aree tematiche illustrate, pubblicati in una delle lingue parlate sull’arco alpino. I dettagli sulle motivazioni del Premio e sulle relative modalità di partecipazione sono illustrati sul sito del Premio. www.premiomariorigonistern.it
Le candidare dovranno pervenire entro il 31 marzo alla segreteria della giuria, presso il "Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina" , via Mach 2 - I 38010 San Michele all'Adige (TN).

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DUE SABATI SERA SULLE CIASTRE IN POSTI DA LUPI

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Il centro faunistico “Uomini e lupi“, inaugurato a Entracque (Cuneo) il 14 giugno 2010 dopo una lunga gestazione, rappresenta un unicum nel panorama delle Alpi italiane, essendo il solo centro dedicato interamente alla tutela e alla salvaguardia del lupo sull’arco alpino.

Sono due gli spazi espositivi che compongono il centro, uno in Entracque paese e l’altro in località Casermette, entrambi dotati di allestimenti multimediali. La sezione di Casermette comprende un recinto di circa otto ettari al cui interno sono ospitati alcuni esemplari di Canis lupus italicus; si tratta di animali che non potrebbero vivere in libertà, o perché vittime di gravi incidenti, o perché già nati in condizioni di cattività.

Al centro dell’area si erge una torretta di tre piani dalla quale si può osservare una larga parte dello spazio recintato; a questa torretta si giunge attraverso un tunnel, sede di un percorso di visita su tutto ciò che gravita attorno al pianeta lupo. Lo spazio espositivo in Entracque paese è invece incentrato sul rapporto uomo-lupo, sviscerato attraverso i miti e le leggende che da sempre hanno visto protagonista il lupo.

Nei primi mesi della sua fin qui breve ma intensa esistenza il centro faunistico “Uomini e lupi” si è imposto subito come polo di attrazione del Parco delle Alpi Marittime, grazie anche alle innumerevoli iniziative rivolte a tutte le fasce di età di cui si è fatto promotore. In particolare, il 12 e il 26 febbraio sono in calendario gli ultimi due imperdibili appuntamenti dell’originale rassegna “Posti da lupi…passeggiate in notturna con le ciastre al centro Uomini e lupi”, che propone un connubio tra natura, divertimento e buon cibo.

Il programma prevede il ritrovo alle ore 18 presso il centro per una passeggiata notturna con le ciastre nei territori frequentati dai lupi della valle Gesso con l’accompagnamento di un guardiaparco. Al termine della passeggiata visita della sezione di Casermette, straordinariamente aperta dalle 18 alle 22, con attivo il servizio bar “Chioscotto del lupo”. Alle ore 20.30 spuntino a a base di affettati e formaggi locali, “torta del lupo”, vin brulè (accompagnamento, ingresso centro con serata di animazione e spuntino del lupo € 22). In alternativa è possibile optare per la “Cena del Lupo” nei ristoranti di Ecoturismo InMarittime convenzionati (accompagnamento e cena € 26). Su richiesta sono disponibili racchette da neve a noleggio (€ 4).

Per partecipare è obbligatoria la prenotazione allo 0171.978068 ed è necessario essere equipaggiati di abbigliamento termico, guanti, berretto e torcia elettrica.

Tratto da: Mountain Blog


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LA FESTA DEL GHIACCIO - Nella splendida Val Varaita

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La valle Varaita d’inverno non è solo caratterizzata dalla neve e dalle ciaspolate nei boschi: la vera attrattiva della zona sono le cascate di ghiaccio, su cui è possibile arrampicarsi con l’aiuto di ramponi ai piedi e picozze tra le mani.
Questo sport, una sorta di versione invernale dell’alpinismo su roccia, è nato una trentina di anni fa proprio in questa valle, oggi considerata una delle tre migliori zone in Italia per questa attività.
Attualmente le scalate non sono più solo un’attrattiva per gli amanti degli sport estremi, ma anche per famiglie e appassionati, che possono mettersi alla prova senza rischi in apposite palestre di ghiaccio. Appena dopo la diga di Castello, frazione di Pontechianale, si trova una vecchia cava, in forma di anfiteatro, dove le formazioni ghiacciate sono state messe in sicurezza per l’arrampicata: un modo per far avvicinare il pubblico alle attività in montagna senza dover affrontare i rischi che comportano i luoghi isolati e l’alta quota, soprattutto nella stagione invernale.
Proprio qui, dal 1988 si svolge la Festa del Ghiaccio, anche quest’anno ricca di novità.
La manifestazione sarà preceduta da due incontri presso la libreria Segnavia di Brossasco, specializzata in montagna e turismo: ospite della serata di venerdì 4 febbraio l’alpinista Guido Ghigo, presentato da Max Piras, mentre venerdì 11 febbraio gli appassionati di arrampicata potranno incontrare il climber del ghiaccio François Damilano, introdotto da Fulvio Scotto.
Ma la vera festa comincerà sabato 12 febbraio: alle ore 10.30 ritrovo presso l’anfiteatro di Castello, dove per tutta la giornata verranno proposti al pubblico vari materiali da testare forniti dagli sponsor, con possibilità per i principanti di arrampicare assistiti da una guida e da diversi istruttori. Alle ore 18.30 ritrovo per la ciaspolata notturna con un percorso articolato nel bosco di pini cembri sotto le stelle con cena presso il rifugio Savigliano, per poi rientrare in tempo a Castello per l’arrampicata notturna e la lotteria finale, con bevande calde e intrattenimenti.
Domenica 13 si proseguirà con i test sulle novità dei materiali 2011, una gara di scalata su ghiaccio aperta a tutti e una seconda ciaspolata pomeridiana alla scoperta delle cascate di ghiaccio della zona. L’escursione è a cura delle guide di Terre Alte, prenotazione obbligatoria entro venerdì 11 febbraio telefonando al numero 347.1449201.
Per maggiori informazioni consulta il sito www.festadelghiaccio.it oppure vai su www.cuneoclimbing.it

Tratto da: Mountain Blog


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Due fratelli italiani… [ Elvio e Davide Lagomarsino ]

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Nel mondo alpinistico, quando si parla di fratelli nel verticale, ci si riferisce subito alle coppie di scalatori d’eccezione che tengono il mondo con il fiato sospeso. La fantasia subito vola agli Huberbuam, Thomas ed Alexander, oppure agli Hermannos Pou, Iker ed Eneko. Sono oramai anni che questi alpinisti/arrampicatori lottano amichevolemente liberando ed aprendo vie in giro per il mondo.
Come sappiamo però, la montagna è vissuta in primo luogo dalla gente “comune” che ogni giorno ricalca le rughe di roccia e ghiaccio di Madre Natura. Questo giudizio, comunemente accettato, è comunque ancora un qualche cosa di parziale. Osservando più da vicino e con occhi meno “modaioli”, ci si rende conto che il popolo della gente “normale” presenta in realtà dei “campioni” che soltanto pochi anni fa avrebbero fatto parlare il mondo con le proprie prodezze e che ora si limitano a viver con semplicità la propria passione, sconosciuti ai più. Vi sono molte cordate che possono vantare prestazioni notevoli ma che si tengono il loro mondo per sé.
In questo clima di allegra spensieratezza, in questo “non prendersi sul serio” e “non darsi delle arie” possiamo collocare gli italianissimi fratelli “Wuber”… anzi “Wuberstyle”.
Chiedete a questi due ragazzi se pensano di esser forti e vi risponderanno con una risata canzonatoria. Ed è proprio questo il bello… questa cordata si reputa niente più che la norma possibile… “due arrampicatori come tanti”, forse gli sentirete dire, nonostante abbiano scalato in Italia ed in giro per i continenti, su difficoltà che generalmente le migliaia di appassionati di montagna non osano nemmeno sognare in aperta parete. Eppure… il loro modo di fare rimane scanzonato, disincantato, semplice…
Quarant’anni fa il limite alle capacità umane era il VI grado… oggi il limite è dettato solamente dai propri sogni. I fratelli wuber rappresentano nella loro semplicità, nel loro sorriso sempre presente e spensierato, lo stile che forse, io spero, farebbe bene a tutti noi seguire.
Salgono pareti vertiginose nel mondo tentando la libera, conoscendo le popolazioni locali, imparando costumi ed abitudini e vivendo avventure… estreme. Non fanno trambusto al loro passaggio, ed è proprio questo che permette loro di ascoltare la canzone del mondo, rumore delle piccole grandi cose.
Nella civiltà dell’avere e dell’apparire, ecco un modo di essere, semplice e con il sorriso.
Qual è il vostro nome ed il vostro nick?
E: Wuber 2 (Elvio Lagomarsino)
D: WuberOne (Davide Lagomarsino) [Gioco di parole per dire che è muscoloso n.d.i.]
Anno di nascita?
E: 1970
D: 1967
Dove sei nato?
E: Zena
D: Genova
Dove vivi?
E: Zena, non è cosí male
D: Genova
Da quando vai in montagna?
E: Quand’ero infante ogni estate i miei portavano me e Wuberone in Val d’Aosta e Dolomiti. L’olezzo dei rifugi, la fatica lungo i sentieri, i temporali improvvisi e molto altro han generato una passione tuttora inesauribile.
D: Da quando sono nato, i nostri genitori hanno sempre vissuto la montagna 4 stagioni. Ovviamente ci hanno portato anche al mare, ma notando la nostra apatia hanno rinunciato a portarci nelle assolate spiagge.
Come hai iniziato?
E: Semplici gite con mamma e papá di un’oretta o poco piú lentamente si sono evolute col tempo diventando escursioni impegnative, vie ferrate, vie normali di secondo se non terzo grado.
D: Stesso percorso di mio fratello, poi un bel giorno mio fratello è venuto da me con un paio di Mariacher in mano e mi ha detto.. “le tengo nel bagagliaio dei miei cugini, ìl prossimo we vieni con me che ti cambio la vita!”. Da quel giorno ho incominciato a Finale Ligure a prendere le mie prime ringhierate e ad imparare a “mungere” adeguatamente i rinvii.
Da quanto pratichi l’arrampicata?
E: A 22 anni, corrotto dai miei cugini che avevano iniziato da poco, comprai le scarpette all’insaputa dei miei genitori e iniziai a frequentare il Finalese senza alcuna conoscenza tecnica imparando di volta in volta dai molti errori, fortunatamente non fatali.
D: Non ci voglio pensare, giusto per non ricordarmi che il tempo passa anche per me. Autodidatta insieme a mio fratello, ai tempi nel Finalese le vie di quinto e quarto erano praticamente Trad Chiodi tradizionali, cordoni marci e pelo sul petto sempre dritto. Belle esperienze. Passato il 6a le vie diventavano per fighetti dalle braghe aderenti fosforescenti multicolore, tutte attrezzate a spit.
Le vie multipitch?
E: Nel ’93 a Briancon Bat aveva invitato me e Wuberone a fare la Voie de la Grande Mere nei Cerces. Subito declinammo l’invito ma il giorno dopo eravamo lí ad ululare e farcela addosso perché gli spit erano a distanze chilometriche (leggemmo in seguito che le protezioni dovevano essere integrate con nut e friends). Insomma un gran debutto.
D: Stessa storia del Wuberino, in questo momento senza vie lunghe, smetterei di arrampicare.
L’alpinismo?
E: Avendo fatto vie normali come il Monviso, il Gran Paradiso e tante altre in tenerissima etá si puó affermare che sono stato alpinista piú da bambino che da adulto.
D: Monviso, Gran Paradiso, tutti i picchi sopra i 4000 m del Monte Rosa, qualche altra montagna meno conosciuta. Esperienza fatta con piacere, ma non la ripeterei non è mai stato il mio obiettivo.
È il tuo mestiere?
E: Se fosse un mestiere smetterei ora.
D: Idem
Al massimo quanto ti sei allenato? [al di fuori della roccia n.d.i.]
E: 3/4 volte alla settimana per 1/2 ore. Bestiale.
D: Io mi non mi alleno mai, non ne ho bisogno, corro e scalo.
Come e dove?
E: Sempre la sera dopo il lavoro. Un’ora di corsa e corpo libero il lunedí ed il mercoledí, due discorsi e altrettanti circuiti al pannello della Sciorba [palestra boulder n.d.i.] il martedí e forse giovedí.
D: Quando posso e dove posso compatibilmente con gli impegni familiari
Quanto ti alleni ora?
E: Qualche volta alla settimana, ma basta chiedere a chiunque in palestra per capire la qualità e quantitá del mio allenamento…
D: Corro due/tre volte la settimana per circa 10/15km, per scalare se va bene scalo 1 giorno alla settimana
Quali sono le tue migliori prestazioni?
E: Svegliarmi tardi e fare comunque una bella via lunga e difficile è sempre una prestazione top, sennó i crudi numeri dicono 7b+ a vista e 7c lavorato, entrambi farlocchi.
D: Oramai quelle di “alto livello” sono un lontano ricordo, 6c+/7a a vista e 7b lavorato. Quelle attuali sono che il 6a lo faccio dove e come e in qualsiasi stile ovunque.
Hai aperto/chiodato?
E: Con Nelson, profondo conoscitore della Val Tanaro, Wuberone, Donde ed altri amici abbiam chiodato alcune vie moderne che oggi sembrano apprezzate. Vorrei farne altre ma il tempo libero è sempre poco e tiranno.
D: Stessa cosa detta da Elvio..
Hai iniziato a scalare a Finale?
E: La prima via è stata la Luc a Monte Cucco, male ai piedi, terrore cieco e corda dall’alto a bastone è quello che piú ricordo: stupendo.
D: Ovvio, alla Placca dell’Oasi, gambe in risonanza dalle vibrazioni lo ricordo come fosse ieri.
Hai poi arrampicato in Verdon?
E: Il Verdon è uno dei miei posti preferiti, un vero amore. Non le ho mai contate ma devo essere pericolosamente vicino alle cento vie scalate.
D: Quando si parla di Verdon si parla di casa mia, nel senso, mi sento a casa. Non ne avrò fatte cento, ma più o meno sulle 50/60 sicuramente, forse più…
Hai scalato in Europa?
E: Francia, Svizzera, Spagna e Grecia hanno decine di luoghi imprescindibili per uno scalatore/viaggiatore come me. Per me é importantissimo confrontarsi con tanti tipi di roccia, protezione, ambiente, con gli arrampicatori locali. È un arricchimento continuo, in piú, spesso ci si diverte veramente.
D: Stessi luoghi di Elvio a parte alcuni, per me scalare senza viaggiare corrisponde alla morte della scalata. Non arrampicherei più se sapessi di dover scalare per sempre solo in Liguria.
E nel mondo?
E: Dal 2005 al 2010 sono stato in Messico al Potrero Chico, in Marocco a Taghia, in Giordania a Wadi Rum, in Mali alla Mano di Fatima, in USA a Yosemite e Red Rock, in Turchia nell’Ala Daglar. Si puó dire che le ferie le uso a fondo, non sono un peso per l’azienda in cui lavoro.
D: Dal 2005 al 2010 Messico, Marocco, USA, con stesse locations.
Chi erano i tuoi miti?
E: Bat, Ermanno, lo Sguara…insomma gli amici coi quali ho scalato e condiviso molte esperienze.
D: Tutti gli amici conosciuti iniziando a scalare (gli stessi menzionati da Elvio).
Chi sono i tuoi miti?
E: Quelli che sembrano spacciati e invece ce la fanno.
D: Quelli che ce la fanno e li davano per spacciati.
Quanto costa una delle vostre “spedizioni”?
E: Di solito il volo è la spesa maggiore (dai 250 ai 1000 euro), ma in totale difficilmente si va oltre 1000/1500 euro a testa per 2/3 settimane.
D: A parte gli USA dove ho volutamente speso 1100$ per noleggiare una Dodge per poco meno di 20gg sportivissima, rossa fiammante 4000cc V6 (eravamo zarrissimi ) cerco di spendere sempre il meno possibile in quanto sono povero in canna!
Come si fa ad organizzare un viaggio del genere?
E: www.google.it
D: Passione, voglia, tempo libero e la forte motivazione di volersi mettere in gioco in posti completamente sconosciuti
In che modo scegliete i vostri obbiettivi?
E: Riviste, siti internet, persone che ci son giá state…tutto parte dal desiderio di scoprire luoghi nuovi, poi man mano si passa alle cose pratiche finché un giorno ti svegli e sei lí dove volevi.
D: Esattamente come lo descrive Elvio, anche se ultimamente sono più orientato per posti definiti “Mecche storiche” dell’arrampicata mondiale e/o luoghi più esotici, particolari.
Quando viaggiate siete interessati anche alla cultura dei posti?
E: La cosa piú interessante è il contatto con la gente locale, arrampicatori e non. Nei luoghi piú poveri dettato da esigenze di base come medicine, altre volte da pura curiositá reciproca e divertimento. È sempre bello essere invitati ad una cena nel deserto o insegnare parolacce italiane ai bambini!
D: A tutto, anche se ovviamente siamo più orientati a scalare e quindi a vivere quei luoghi in modo più distaccato.
Ed all’ambiente?
E: Arrampicare belle vie in ambiente unico è il piacere cui non vorrei essere mai sottratto. Detto questo bisogna comunque sempre bloccare basso.
D: Senza l’ambiente non c’è il pretesto per viaggiare. È una condizione insindacabile.
Che esperienze vivete?
E: Viaggi a dorso di mulo, alimentazione inadeguata, dissenterie, dita e braccia cotte, rientri notturni, bivacchi piú o meno calcolati, corde doppie incastrate, discese esposte, assenza di soccorso, animali pericolosi…come si fa a rinunciare ad esperienze del genere?
D: Esattamente! Sono momenti che rimangono in testa per tutta la vita, e cosa ancor più bella è che li ho passati in compagnia di mio fratello con cui ho condiviso un’infinità di momenti bellissimi.
Quali saranno i prossimi progetti?
E: Tsaranoro, Bugaboos, Cochamo, Indian Creek…e mille altri, in genere preferisco parlare di ció che si è fatto, non di ció che si fará.
D: Il primo ed imminente (se non mi crolla il mondo in testa) è il Peak District in Inghilterra, mi affascina e voglio conoscere come vivono gli Inglesi l’arrampicata “clean” nella patria mondiale del trad! Il futuro lo riserverò ad altri luoghi esotici che ho in testa ma che non voglio rivelare.
Cosa dici ad un ragazzo che inizia a fare arrampicata?
E: Di fare solo boulder cosí le vie lunghe non s’intasano! Ma se capita sul mio sito allora son fregato…
D: Di divertirsi pure dove vuole nel rispetto della natura e delle persone e se vuole di ripetere tutte le mie esperienze, tanto io sarò in qualche luogo sperduto con il libro delle vie dello “gite” di turno ancora tutto da scrivere.
Se volete saperne di più questo è il sito dei due fratelli: www.wuberstyle.net

Tratto da: Mountain Blog


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FREERIDE SAFETY CLINIC - Snow Safety Days a Cervinia

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Continuano nell’ambito di Snow Safety Days i Freeride Clinics organizzati da Mysticfreeride in collaborazione con Mammut e Gore-Tex, eventi dedicati alla sicurezza con Guide Alpine e personale altamente qualificato, per far vivere a coloro che vorranno partecipare esperienze uniche ed irripetibili.
Il 5 e 6 febbraio 2011, nella splendida cornice di Cervinia-Breuil potrete così ammirare paesaggi incredibili e scivolare lungo pendii tra i più belli e suggestivi in Europa.
Per maggiori informazioni clicca qui

Tratto da: Mountain Blog


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Luciano Ratto: il Club4000, gli 8000 e lo studio delle montagne

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Luciano Ratto, è un alpinista molto noto, non solo per le sue grandi salite ma per esser stato il primo uomo al mondo ad aver “conquistato” tutte le cime alpine che superano i 4000 metri. Questo grande progetto ha probabilmente gettato le basi per la creazione del Club4000 di cui Ratto è stato co-fondatore, insieme a Franco Bianco nel 1993, e di cui è da sempre il presidente.
Luciano, nato nel 1932 a Châtillon (Aosta), si è trasferito a Torino fino al 1973, e poi definitivamente a Druento, vicino a Venaria Reale, sempre in Piemonte. È ingegnere industriale, esperto di management, e nell’ambito “montagna” un socio del Cai di Torino dal 1956 e socio onorario della sezione di  Châtillon dal 1998.
Nel suo carnet alpinistico vi sono molteplici spedizioni nell’Hindu – Kush (Afghanistan), con la realizzazione di alcune prime ascensioni tra cui il Koh – J- Sharan di 6100 metri, alcune prime ascensioni sulle Alpi, come la diretta della parete est della Grande Rousse, alcune prime invernali, tra cui la Cresta De Amicis al Cervino e innumerevoli ripetizioni, vie di di ghiaccio, di roccia e di misto, senza contare le gite con gli sci e a piedi.
A questo punto sembra quasi ovvio il motivo di questa intervista… ed invece non è così scontato. Luciano infatti è anche un grandissimo studioso di geografia ed orografie, analitico rispetto a questioni troppo spesso non dibattute. Per questo motivo abbiamo tentato di approfondire le sue ipotesi e di osservare la montagna da un nuovo punto di vista, quello di un espertissimo ed erudito appassionato di montagna.
Da quando vai in montagna?
Dall’infanzia
Come hai iniziato?
Seguendo i miei genitori in facili escursioni
Da quanto pratichi l’alpinismo?
Dal 1956, socio CAI dal 1957
Quali altre discipline sportive  hai praticato?
Ciclismo, escursionismo, sci
È il tuo mestiere?
No, sono ingegnere industriale e mi sono sempre occupato di organizzazione aziendale (Management, Marketing, Controllo di Gestione, ecc), sia come manager che come consulente.
Cosa cerchi in montagna?
Il piacere del contatto con la natura
Cosa trovi in montagna?
Vedi sopra, assieme al piacere della compagnia dei miei amici, e dei miei cani,  (quando questi possono seguirmi)
Che cos’è il club 4000 e cosa rappresenta?
È un gruppo di alpinisti di stampo classico che amano e frequentano l’alta montagna (e quindi un vero e proprio “Gruppo Alta Montagna”, unico in Italia), con particolare riferimento ai 4000 delle Alpi
Quali sono i tuoi impegni a riguardo e quali sono stati?
Ne sono stato il co-fondatore (nel 1993), il Presidente (fino al 2009), il  Presidente Onorario (fino al 2010).
Cosa rappresentano le Alpi?
Un magnifico terreno di gioco, di sport, di godimento della natura.
Recentemente è uscita una pubblicazione del Club4000 relativa alle 82 cime e le relative vie: cosa puoi dirci a riguardo?
Il libro “Tutti i 4000-L’aria sottile dell’alta quota”, di cui sono stato il redattore dei testi, uscito nel 2010 e che è già alla 3° ristampa, è il testo ufficiale del Club 4000. É una sintesi dell’esperienza vissuta e della documentazione raccolta dal 1993 al 2010 nei sito www.club4000.it del Club 4000 che conta oggi 327 soci di 11 Paesi diversi, e che contiene la storia di questo Club,  la storia del collezionismo dei 4000 delle Alpi, la storia della corsa al record di concatenamento non-stop degli 82 quattromila delle Alpi.
Sulle Alpi vi sono attualmente diverse situazioni che denotano un’evoluzione critica. Se da un lato sembra esserci un ritorno all’arrampicata “pulita” dall’altro ci sono situazioni come Cheneil, la strada di congiungimento tra Pont ed i piani del Nivolet, senza dimenticare la questione degli alpeggi di Chamolé. Che cosa ci puoi dire a riguardo?
Ho scritto il “Libro nero degli scempi valdostani” (ma si potrebbero scrivere libri analoghi di ogni Regione), nel quale ho raccolto e continuo a raccogliere tutte le offese che si sono fatte, si fanno e sono in progetto al meraviglioso patrimonio ambientale e montano di questa valle. Da molti anni mi batto, sia a titolo personale che in affiancamento alle varie associazioni ambientalistiche (Legambiente, Mountain Wilderness, ecc) per cercare di contrastare questi delitti.
Sempre relativamente alla Valle d’Aosta ricordo un tuo studio che analizzava la regione secondo le sue 194 valli e che richiamava quindi ad una denominazione plurale. Cosa puoi dirci relativamente a tale approfondimento e proposta?
La dizione “Valle d’Aosta” è – a mio giudizio –  riduttiva per denominare una Regione che, solo considerando la valle centrale e le valli importanti laterali a tutti note (Ayas, Gressoney, Valtournanche, Cogne, La Thuile, Ferret, Veny, ecc..) conta ben 16  vallate, per non parlare poi dei valloni derivati dalla valle centrale che sono 31, e dei valloni e valloncelli che percorrono le vallate laterali, in numero di 194, per un totale complessivo di 241.
Il che giustificherebbe di parlare di “Valli di Aosta”, così come si dice “Valli del Cuneese”; “Valli del Trentino”, ecc… con evidenti possibilità promozionali in chiave di marketing.
Qualche anno fa avevi composto uno studio che analizzava geomorfologicamente i “convenzionali” 8000. di cosa si trattava e qual’era l’importanza di quell’elenco?
No, non ho “composto uno studio” ma semplicemente posto una domanda pubblicata nei numeri di giugno 2003 della Rivista del CAI e de Lo Scarpone che così suonava:
…chi, quando, dove, come e perché (vale a dire, secondo quali criteri) ha deciso di prendere in considerazione ed ha stabilito che gli ottomila degni di entrare nell’Olimpo delle vette più alte del mondo fossero questi 14 e non- che so io-10 o 20 o 30?…
A distanza di quasi 8 anni, questa domanda è tuttora senza risposta.
La domanda era stata posta anche per l’elenco Alpino. Come fu decretato l’elenco delle 82 cime che superano i 4000 metri nella catena delle Alpi?
Nel 1992. io e Franco Bianco, che nel 1993 saremmo stati i co-fondatori del Club 4000, proponemmo, tramite Silvia Metzeltin, allora rappresentante italiana presso l’U.I.A.A. (Unione Internazionale delle Associazioni Alpinistiche) a questo organismo internazionale,  il progetto di costituire tre commissioni (italiana, francese e svizzera) per censire tutte le vette delle Alpi superiori ai 4000 metri e di selezionare tra queste quelle degne di figurare in un elenco ufficiale certificato appunto dall’U.I.A.A.
Questo progetto fu approvato: le tre commissioni nazionali, (quella italiana era presieduta da Gino Buscaini), lavorarono per qualche mese separatamente, quindi nella primavera del 1993 si trovarono a Martigny e concordarono due elenchi: quello ufficiale di 82 vette e quello di 46 vette secondarie , per un totale di 128.
Come mai a tuo parere non viene fatto lo stesso lavoro di analisi?
Perchè finora non è ancora stato lanciato un progetto analogo.
Chi sono stati i tuoi punti di riferimento?
Come alpinisti: Whymper, Crétier, Gervasutti, Cassin, Grassi., Gogna, Rébuffat.
Come scrittori di montagna: Guido Rey, Massimo Mila, Gianpiero Motti
Cosa diresti ad un ragazzo che vuole iniziare a fare alpinismo?
Di prepararsi con molta cura, frequentando i corsi del CAI, di non avere fretta, di seguire inizialmente alpinisti esperti o guide professioniste, di cominciare con l’escursionismo, di porsi  l’obiettivo (che è il monito posto a conclusione del libro  dei 4000, sopracitato ), non dicollezionare vette, (sopra o sotto i 4000 metri), battere record, fare salite nuove, e cercare difficoltà sempre maggiori, ma bensì di “salire le vette più belle lungo le vie più belle”, e se queste sono anche al disopra dei 4000 metri, tanto di guadagnato, in vista di entrare nel Club4000! Ricordando però sempre che l’alpinismo è lo sport più rischioso che esista, e quindi non si esagera mai nell’osservare tutte le norme di sicurezza che continuamente vengono ricordate dagli esperti.
Quale futuro avranno la montagna e l’alpinismo in questo secolo in divenire?
Da molti anni si dice e si scrive che l’alpinismo è morto: non è vero. L’alpinismo, in tutte le sue  espressioni, ma soprattutto l’alpinismo classico in alta quota, ha un campo enorme di possibile  svolgimento sia sulle nostre Alpi, sia nei gruppi extra-europei. Solo ora, ad esempio, si è iniziata la corsa alle salite invernali sugli 8000, da lasciare ovviamente ai super-alpinisti, ma gli alpinisti  medi possono trovare nuove salite anche sui 6000 e sui 7000, molti dei quali ancora poco  esplorati  e sui quali  c’è ancora moltissimo da fare.
 Tratto da: Mountain Blog


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