Cima del Bosco (2376 m) - Alta Valle Susa (IT)

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Questa elevazione costituisce l’ultima propaggine della poderosa catena che, comprendendo numerose punte di oltre 3200 m. La Cima del Bosco è una meta molto frequentata sia d’estate che d’inverno. A Thures (1667 m) si sale nella parte alta del paese e con la strada superiore si prosegue nel vallone di Thuras, , in lieve salita. Poco dopo, incontrati i cartelli indicatori in legno, si devia a sinistra, , lungo il sentiero estivo per Croce Chalvet e Cima del Bosco. Vi sono vari itinerari per raggiungere la vetta, ma causa le forti nevicate avvenute nei giorni precedenti l’itinerario seguito si svolge quasi tutto nel bosco fino a raggiungere il crestone finale che ci porta sullo spartiacque tra la valle Argentera e quella di Thures fino alla chiesetta situata sulla cima (2376 m). Notevole il panorama, che abbraccia i monti della Valle di Ripa, della Valle Argentera, il gruppo della Rognosa, l’alta Val Chisone, l’alta Val di Susa e la Val Thuras, dominato dalle pareti calcaree del Monte Furgon e del Roc del Boucher. All’inizio del ‘900 sulla Cima del Bosco furono allestite alcune postazioni di artiglieria semipermanente, che avevano il compito di proteggere il confine nel tratto Col Bousson-Col Chabaud. 
arrivati in punta le solite foto ricordo e poi subito a Thures per mangiare un ottima polenta al Rifugio "La Fontana del Thures".



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Da Messner a Mondinelli: no al carcere

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BERGAMO -- "E' una reazione isterica, così si uccide l'alpinismo". Parole durissime quelle di Reinhold Messner nei confronti del nuovo emendamento che propone il carcere per chi provoca il distacco di una valanga e 5 mila euro di multa a chi va in montagna quando il pericolo è marcato. "Che mandino in galera prima chi ruba che i montanari", gli fa eco Gnaro Mondinelli, ma non sono gli unici ad insorgere. E' un coro di no quello che si è alzato da parte dei professionisti dell'alta quota, da Simone Moro a Hans Kammerlander a Mario Merelli.

Una vera levata di scudi da parte di alpinisti e professionisti della montagna, che sembrano tutti concordi nell'opporsi all'emendamento su cui sta lavorando il governo in queste ore. Il provvedimento prevede il carcere per chi, provocando una valanga, si rende responsabile della morte di altre persone e 5mila euro di ammenda per chi scia fuori pista o compie escursioni in quota quando i bollettini nivo-meteorologici indicano pericolo.

"La minaccia di multe e carcere per chi provoca una valanga è una reazione isterica - ha dichiarato per esempio Reinhold Messner secondo quanto riferisce il giornale La Repubblica -. Meglio un dibattito con alpinisti, guide, giudici e politici per stabilire dove finisce il turismo e dove inizia l’alpinismo. Le leggi ci sono già, l’omicidio colposo non cambia secondo terreni o circostanze. Di quale legge c’è bisogno? Nessuna legge può vietare a qualcuno di rischiare la propria pelle in montagna. Se così fosse sarebbe la fine dell'alpinismo".

Sulla stessa linea di pensiero altri illustri alpinisti. "Che mandino in galera prima chi ruba e chi è mafioso che i montanari - ha detto Silvio Gnaro Mondinelli -. Questa proposta è una perdita di tempo, perchè le leggi ci sono già. Chi stacca una valanga è già punibile per legge se provoca danni alle cose o alle persone. Dovrebbero invece insegnare la montagna nelle scuole invece di proporre di eliminare la geografia, perchè metà dell'Italia è coperta da montagne. Bisogna insegnare, fare formazione. E' solo così che si può risolvere il problema".

"Cultura, non repressione - gli fa eco infatti Simone Moro sulla Stampa -. Divieti, carcere, multe? Sarebbe come se io tornassi a casa e prendessi a schiaffi mio figlio senza dirgli perché. Bella crescita, no?".

"Burocrazia della montagna - si chiede basito Hans Kammerlander -? Ma dai, è uno scherzo, non posso crederci".

Più moderato Mario Merelli. "Da un lato può essere giusto un provvedimento del genere - dice infatti l'alpinista di Lizzola -, perchè responsabilizzare le persone un po' serve. Dall'altro però la repressione non dà sempre risultati. La cosa migliore è sempre la prevenzione. E' necessario che i mass media diano molta più informazione sul pericolo valanghe. Che scrivano, quando c'è, 'Allerta valanghe' a caratteri cubitali. Ma prima che si verifichino gli incidenti, dopo per forza bisogna pendere provvedimenti duri".

 Valentina d'Angella
 

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Reputo che l’emozione sia cattiva consigliera. Facile aggiungere leggi… ma i controlli poi ci sono? Quanti hanno letto sulle piste vietato il fuoripista? E quanti hanno visto polizziotti che multavano chi del cartello si faceva sberleffi? Io mai! Sempre piu’ spesso, la montagna viene presa un po’ alla leggera, da chi di montagna sa poco,queste persone spesso non fanno alpinismo ma “passeggiate”. Senza rendersi conto che non è il terreno che crea la difficolta’ ma un insieme di componenti come l’ambiente la meteorologia la preparazione fisica, e la conoscenza di tecniche e situazioni. Gli alpinisti veri sanno innanzitutto rinunciare, sanno quando non è aria, e non è certo per decreto ministeriale, ma per esperienza, fiuto, bravura e non ultimo studio del tracciato, pur semplice che sia, nonostante questo poi c’è sempre l’imponderabile e anche loro sono vittime di quell’ambiente magnifico e piu’ grande di noi che è la montagna. Notavo come sia piu’ semplice vedere degli sprovveduti essere in balia di tempeste montane che non sul mare dove un vento a 30 nodi ed un mare in tempesta sono un deterrente ben piu’ forte di qualsiasi legge.. in questo la montagna è piu’ subdola un pericolo valanghe  grado 4 in una bella giornata limpida spazzolata da un caldo phoen sono purtroppo una subdola trappola mortale.. un canto di Sirene quasi irrininciabile. Faciamo formazione ,istruiamo le persone , informaimole con i vari mezzi di comunicazione, ma sopprattutto insegnamo a rinunciare spieghiamo loro che tornare in dietro non è sinonimo di  codardia, ma sintomo di responsabilita’ e serieta’.
Alberto 

Il nostro paese è il paese che ha più leggi al mondo, basta farle rispettare. Peccato che non è così! L'alpinismo finirà tra divieti e leggine e chi se lo può permettere andrà in elicottero.
Mario Stefani

Nell' aplinismo non ci sono regole, ognuno fa quello che vuole ed è libero di rischiare la propria vita, senza chiedere niente a nessuno. Chi scia fuori pista e  scala le montagne è a conoscenza dei rischi che corre e chi va in soccorso a queste persone conosce a quali pericoli va incontro. Questo fa parte del loro lavoro, come per i poliziotti, militari, pompieri ecc. Certo ci sono dei volontari, ma è la stessa cosa, uno lo fa per scelta. Ci sono altri sport estremi che non hanno regole in quanto, come lo sci estremo e l'alpinismo, si svolgono in luoghi liberi e non soggetti ad assicurazioni, visite mediche ecc. Per esempio il paracadutismo è uno sport estremo, ma siccome si svolge di solito in un aeroporto (proprietà privata) è soggetto a regole precise: bisogna fare un corso con l'istruttore, prendere un brevetto, è obbligatoria la visita medica, l'assicurazione, il materiale deve essere certificato dall'Autorità competente, l'aereo deve essere certificato per i lanci, il pilota deve  essere abilitato a lanciare i paracadutisti, in campo ci deve essere sempre un istruttore e pertanto gli incidenti sono molto rari.  Per rendere l'alpinismo sicuro bisognerebbe brevettare tutti gli alpinisti, mettersi a guardia delle montagne, controllare i loro documenti (assicurazione, visita medica ecc.), valutare le condizioni meteo, decidere chi è in grado di fare una certa via e chi no ed in certi casi imporre una guida alpina, allora forse non ci sarebbero più incidenti, però questa soluzione è pura follia. Che ve ne pare?
Stella       

Come al solito in Italia le leggi sono proposte da incompetenti. Questo emendamento viola il diritto di libertà della persona, i nostri politici dovrebbero ascoltare chi la montagna la vive quotidianamente e non stà comodamente seduto su una poltrona a Montecitorio.
Claudio

Vietiamo tutto. Questa è la ricettina del Governo Italiano. Magari poco efficace, ma semplice semplice. Cosi' non c'e bisogno di avere persone competenti in materia che si assumono le reponsabilità per le quali sono profumatamente pagati con i soldi di tutti i contribuenti. Come si fa a proporre cose tanto stupide come quella di multare chi fa escursioni in montagna con i bollettini che danno alto pericolo di valanghe. Io mi chiedo se chi l'ha proposto abbia mai visto un bollettino Meteomont. In realtà per quanto mi riguarda questo non è un dubbio, ma è una certezza. Basta un minimo di conoscenza della materia per rendersi conto che ci si può muovere in tutta tranquillita (come fanno la maggior parte di alpinisti ed escursionisti) pianificando le uscite con un po' di sale in zucca anche con pericolo 5. Viceversa, sempre con le più basilari conoscenze in materia si può facilente capire che ci può mettere in guai seri anche con pericolo 2. Troppo difficile entrare nel merito, per persone che devono per forza di cose spendere tutte le loro energie per restare attaccati alle loro misere poltrone. Troppo sforzo tentare di normare il soccorso alpino con regole serie che per esempio prevedano di non effettuare le ricerche quando i bollettini danno  rischo di distacchi spontanei dei neve. Troppo anche distinguere tra che fa fuoripista mettendo a repentaglio la vita di chi scia nelle piste sotto di lui (pistaiolo senza la minima conoscenza che si butta fuori pista ovunque e a caso) da chi invece va a farlo in ambiente selvaggio senza arrecare danni a nessuno se non a se stesso. Lasciamo come attività di svago libera solo gli stadi e i centri commerciali..... tante persone sarebbero ben contente. Io no però, e forse sarebbe la volta che lasciarei questa Italia .... un paese ormai senza alcun futuro (ormai)
Galluzzi Filippo

Da amante e frequentatore delle montagne ritengo questa proposta, dettata anche dall'enfasi mediatica che si è creata, assurda ed inutile. Sarebbe meglio informare e formare al meglio. La cultura, il rispetto e la conoscenza della montagna sono alla base della sicurezza. Resta comunque purtroppo un fattore imponderabile, legato alla fatalità, che non si deve mai dimenticare, insieme all'incontestabile fatto che sempre più persone si avvicinano al mondo della montagna. Amiamo e rispettiamo i nostri monti.
Daniele

Ci vuole prevenzione e formazione,proprio come dice "Gnaro" Mondinelli. Bisogna iniziare ad insegnare a tutti coloro che amano la montagna, dagli escursionisti agli alpinisti dove finisce il divertimento e dove inizia il pericolo. Nello stesso momento ci deve esser da parte del singolo un'attenta valutazione dei rischi che si corrono nel fare uscite proprio in quelle maledette giornate in cui il grado di pericolo valanghe è segnalato con GRADO 3,è proprio in quei giorni in cui succedono la maggior parte degli incidenti. La legislazione è già chiara in materia non mi sembra che si debba calcare ulteriormente la mano così si rischia di non di vedere vuote le nostre montagne,dal'altro canto bisogna anche saper rinunciare in certe giornate in cui la sicurezza è precaria e gli esperti ci consigliano massima attenzione. Comunque i tanti sciatori che fanno fuoripista non sono ne alpinisti ne escursionisti esperti e dovrebbe restare dentro a quei linmiti che si chiamano piste.
Nicola GAS

Ognuno è libero di andare dove vuole e quando vuole, l'importante è che questo non crei pericolo per la sua e altrui incolumità. Non si può vietare ad un alpinista esperto, che conosce la montagna e i suoi pericoli, di uscire in una giornata in cui il pericolo valanghe è considerato elevato. L'unico modo per evitare che avvengano incidenti è fare in modo che le persone conoscano i reali pericoli e li sappiano interpretare ed evitare. Da sempre l'INFORMAZIONE e l'EDUCAZIONE sono meglio della REPRESSIONE e della PUNIZIONE.
Fabien NCB

Dopo la legge che OBBLIGA i comuni a regalare l'acqua alle multinazionali private siamo alla legge che vieta di andare in montagna d'inverno. Stiamo davvero raschiando il fondo. Su una cosa sono però sereno e contento: difficilmente potremo finire peggio di così. Io frequento la montagna 12 mesi l'anno ed è sempre pericolosa: d'estate con i temporali, durante le prime nevicate con il terreno gelato, in primavera per le alte temperature, poi ci sono i versanti, la neve riportata, la neve ventata, le cornici, i canali, le creste, il verglass. Poi c'è gente che arrampica senza corda, che usa friend e nut anche per le soste, che fa le doppie su un chiodo. Che dire poi delle grandi classiche delle Dolomiti, troppo pericolose, con i chiodi dei primi salitori e le soste su clessidre: rifaremo tutto a fix inox. Con i milioni di posti di lavoro persi in questi ultimi anni i nostri parlamentari non hanno altro a cui pensare se non pulirsi la coscienza per i morti che purtroppo, ogni anno e in ogni stagione, la montagna porta con se. Queste grandi autorità pensano di risolvere tutto con uno slogan o una legge. Non sempre chi perde la vita ha rischiato ed ha azzardato imprese impossibili, talvolta ha cercato di leggere ogni segnale di pericolo e fatto escursioni in zone molto sicure. Non sempre le nostre sventure dipendono solamente da noi. Speriamo davvero di essere arrivati in fondo al barile… 
Nicola


Legge insensata a questo punto sarebbero ugualmente colpevoli sia chi provoca il distacco della valanga e chi sfortunatamente ci finisce sotto avendo anche lui trasgredito. La montagna è stata sempre sottovalutata e poco "insegnata" ora che sta diventando businness inizia ad interessare anche ai politici. Trovo giusto darsi delle regole eventualemente multando chi a fronte di bollettini valanghe con pericolo 4 o 5 si avventurano ugualmente nei fuori pista. Ci si confronti con chi la montagna la conosce veramente prima di decidere quali tipi di azioni portare avanti.
Claudio

No alla repressione si alla formazione ed alla cultura. Bisogna sensibilizzare le persone, insegnar loro che alla base di ogni scelta deve esserci una riflessione, sia nel campo "andare in montagna" che nelle scelte di vita , nei comportamenti di tutti i giorni. Naturalmente l'incidente può sempre accadere anche al più prudente dei frequentatori della montagna.
Ravazzoli Ivan

Sicuramente c'è bisogno di cultura  alpinistica e preparazione,purtroppo però sono sempre di più le persone che mettano a rischio la propria e l'altrui vita (vedi i soccorritori). Quindi dei provvedimenti li vedo opportuni.
Gabriele Bacchereti

Sono d'accordo perchè le leggi esistono già,bisogna fare quello che in questo paese manca in tutti i settori: EDUCARE. Se una persona vuole rischiare la propria vita non credo sia possibile fermarlo con lo spauracchio di una condanna. Non mi stancherò mai di dire che la scuola deve fare la sua parte, pensare che a causa di quattro sciagurati altre persone, spesso volontari, rischiano la vita non lo accetto. Rispettiamo la montagna.                
Claudio Carioli

Non a caso i commenti di Messner, Moro, Gnaro ecc. sono concordi: chi crea una slavina sicuramente non lo fa "consciamente", perchè nella maggior parte dei casi è lui stesso la vittima, quindi più che un deterrente bisognerebbe indirizzarsi a formazione e responsabilizzazione. Ad esempio sono da ricercare strumenti di formazione, per estendere anche a chi va con ciaspole e fuoripista la cultura degli scialpinisti. Poi bisognerebbe tutti imparare un po' di più a rinunciare: in troppi si muovono con pericolo 3.
Glauco

Prima mandano via i ricercatori, poi gli ingegneri...adesso anche gli alpinisti. Ma che paese sta diventando? Faremo scialpinismo in Svizzera, e magari ci trasferiremo anche!
Nicola Panzeri

Mi accodo alla fila di lamentele. Non sono un legale e non ricordo i dettagli, ma so che esiste già nella legge italiana qualcosa per punire chi provoca valanghe per incuria...nel mio CAI sono morte delle persone a causa di un valanga provocata da altri sciatori che tagliavano un pendio a monte, e i parenti delle vittime sono andati per tribunali. La multa è invece totalmente ridicola: è come dire che danno una multa a chi esce con mare forza 8 perchè è potenzialmente pericoloso. E poi come fanno a decidere quale sia il metro di valutazione? Pericolo 3 è pericolo valanghe? Lo è solo dal 4 in su? Anche con pericolo 4 ci possono essere pendii non a rischio, o simmetricamente ci possono essere pendii a rischio anche con pericolo 2. Il vero problema è la poca coscienza dei frequentatori delle montagne: forse potrebbe aver senso un patentino per gli alpinisti, come qualcuno aveva ipotizzato qualche tempo fa. E nei corsi CAI dovrebbero mettere lezioni su valanghe e di valutazione dei pendii anche nei corsi di alpinismo e di roccia, non solo in quelli di sci alpinisimo. Ma anche così non si impedirebbe che lo sciatore delle domenica vada a fare un pendio fuoripista. Inoltre, in Italia manca una rete informativa seria: ogni regione ha un bollettino in formato differente, alcuni in html, altri in pdf, e con aggiornamenti con cadenze differenti. Tutti bollettini difficili (se non impossibili) da accedere tramite un dispositivo mobile. Il sito ANEVA dovrebbe aggregare tutte le informazioni in un formato di facile fruizione, invece che semplicemente linkare i vari altri siti. In sostanza, servirebbe creare maggior consapevolezza, maggior informazione sia a livello nazionale, e a livello locale in ogni singola stazione sciistica. Ma fino a che non si cambierà la testa delle persone...
Simone

Ritengo che questa soluzione, non risolva il problema ma bensi serva solo per aggravarlo, credo che non serva il bastone ma il boun senso, e magari un buon corso che insegni alle persone, le educhi sul frequentare la montagna, che sensibilizzi sull'uso dell'arva come strumento di autosoccorso, il problema è che le decisioni non andrebbero prese da persone che leggono "montagna" solo sulle notizie di cronaca, ma dagli enti presenti sul territorio quali Cai, Soccorso Alpino, Guide Alpine, Scuole del Cai che hanno cultura, tradizione e conoscenza delle problematiche della montagna purtroppo i nostri politici credono che basti una multa per risolvere il problema. Ora si che il problema è risolto.
Amilcare Vivenzi  

Devono piantarla con queste cretinate, cominciassero a mettere in prigione chi veramente commette un reato e con pene adeguate, sicuramente una multa per chi ha delle responsabilità pesanti mi sembra più che adeguata, allora perchè non mettono in prigione anche chi guida con il manto stradale innevato o ghiacciato senza le opportune precauzione e provoca incidenti con morti o feriti. Siamo un paese governato da politici ignoranti e presuntuosi che non sanno più quello che fanno.
Saluti Mauro

Invece di spendere tempo e soldi per inventare emendamenti "assurdi" e superficiali (come quello appena redatto a riguardo della sicurezza in montagna) perchè non pensano a finanziare il CAI in modo da poter permettere loro una formazione culturale più capillare e frequente e meno costosa per gli allievi? Per esempio se tutte le sedi cai (anche quelle che non organizzano corsi specifici) potessero permettersi di tenere delle lezioni di sicurezza in montagna annuali magari con professionisti qualificati non sarebbe meglio? La diffusione della cultura è molto più importante delle multe e delle regole proibizioniste.
Daniele Colombo

Sono Gianni Galeazzi e vado in montagna (sono nato a Laives - BZ) da quando posso camminare: Alpi, Appennini, servizio negli Alpini, ghiacciai, ciaspole, sci alpino trekking, ora pervenuto alla soglia dei 60 anni allo sci alpinismo; peccato non averlo assaporato molto prima!! Mi associ ai duri commenti di Messner ecc; quando vado in montagna uso sempre la testa e valuto le mie possibilità ed i rischi che incontrerei nella zona che sto frequentando e se non sono sicuro...torno indietro...poi la sfortuna può avere la sua parte. Indubbiamente chi spara sulla montagna ci và con l'elicottero e non con i propri piedi e quindi non la conosce, non la assapora e non la rispetta.
"Mai tardi al 5^" - scarponi alpini, Gianni Galeazzi Milano

Ennesima proposta inutile delle istituzioni, e della protezione civile in veste di Bertolaso, inutile per il semplice motivo che un bollettino non puo racchiudere la situazione di ogni singolo pendio, ma come tutti sappiamo è un bollettino generale della zona e poi sta alla persona saper valutare il reale rischio, come al solito i politici vogliono mettere la parola in un area che non conoscono la montagna, che è già regolata da leggi della natura che bisogna saper rispettare. Nettamente contrario a questa proposta molto più favorevole a maggior informazione sopratutto nei confronti di uan categoria in netta evoluzione come i ciaspolatori che si improvvisano alpinisti su terreni che in estate sono semplici ma in inverno nascondo insidie molto pericolose.
Stefano

Purtroppo in Italia e soprattutto con questo governo, il nuovo fenomeno di distrazione delle masse è diventato il fenomeno dei morti per valanga. Si può salvare più vite obbligando alla gente di evitare di fare uscite, quando il livello di pericolo è alto; è capitato però che nonostante il livello fosse basso qualcuno sia morto sotto slavine locali, se succedesse ciò dopo che l'emendamento diventi effettivo, con chi ce la prendiamo?? I parenti della vittima potrebbero benissimo denunciare chi aveva emesso il bollettino nivologico. Quindi che i nostri regnati si facessero un'esame di coscienza e pensassero ai veri problemi dell'Italia e no a fatti isolati che purtroppo ogni anno accadono. Secondo me, in condizioni di pericolo alto, si può obbligare gli eventuali soccorritori di tentare un salvataggio che mette a rischio la loro incolumità.
Giuliano 

E' un' assurdità!!! L'italia come al solito pensa di risolvere tutto con leggi, divieti e sanzioni..pazzesco..ci vuole solo più formazione, più competenza, e un po' più di buon senso sia da parte degli escursionisti che dai burocrati..
Francesco 

Tratto da: montagna.tv


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CARNEVALI ALPINI: PASSATO E PRESENTE, TRADIZIONE E…BUROCRAZIA

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La maschera dei Matoci della Valfloriana - fonte: www.vitatrentina.itAncora pochi giorni e poi anche il Carnevale 2010 verrà archiviato. Come festeggiare quindi gli ultimi momenti di spensieratezza tipici del periodo? Ogni regione d’Italia fornisce le proprie proposte: numerose sono infatti le occasioni per assistere ad allegre feste in maschera o alle parate dei colorati carri di carta pesta.
E la montagna? Che cos’ha da offrire nella tradizione del Carnevale?
Lo abbiamo chiesto ad Enrico Camanni, giornalista e storico dell’Alpinismo, il quale nel corso dell’intervista ci racconta della storia, della tradizione e delle particolarità che interessano i pittoreschi carnevali alpini che si dislocano lungo il territorio montano del nostro Bel Paese. Infine, una riflessione in merito alle proposte di certificazione per i carri di carnevale, certificazioni che stanno ostacolando gli organizzatori di tante feste in maschera.
Ascolta l’intervista ad Enrico Camanni (7′32” 6,9 Mb )
Intervista di Jessica Ceotto

pubblicato da: Mountain Blog


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Pointe de la Pierre (2653 mt.) Valle di Cogne - IT

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La Pointe de la Pierre è sovente osannata come unica montagna praticabile in Valle quando in tutto il resto della regione ci problemi di valanghe,ma è anche una facile gita da dove si può godere (data la sua splendida posizione) una vista spettacolare su tutte le cime della Valle d’Aosta.
E' grandiosa nell'offrire asilo visivo alla Grivola, qui esposta in tutto il suo splendore settentrionale. Come il gruppo del Monte Bianco, lontana sfinge posto a barriera della Valle.
Si alternano boschi protettivi (il vento, in questa zona, non scherza affatto) ad ampie radure dove lo sguardo passa oltre le tracce. Si sale perennemente con il sole in viso e la luce gioca con la neve inventando mille riflessi tutti diversi.

La situazione nivologica di oggi è piuttosto problematica: si parla di pericolo di valanghe  grado 3 in tutto il Piemonte e Valle d'Aosta.

Giunti ad Ozein, oltrepassiamo l'abitato e proseguiamo fino a raggiungere Dailleu. La gita parte da questo punto. Saliamo lungo la strada poderale che porta all’ alpeggio di Champchenille.
Dopo circa una decina di minuti svoltiamo a sinistra ed imbocchiamo una pista tracciata da chi ci ha preceduto (taglio).
Dopo aver superato la prima fascia boschiva arriviamo agli alpeggi di Romperein. Proseguiamo mantenendoci sul centro della grande radura, per poi spostarsi lentamente sul versante settentrionale del crinale, e penetriamo nella seconda radura boschiva, composta da rigogliosi sempreverdi.
Intersecando diverse volte la strada poderale, raggiungiamo l'alpeggio di Champchenille, ultima costruzione prima del lungo approccio alla vetta.  Qui una pausa è obbligo per la vista che ci offre. Costeggiamo il lungo alpeggio e poi svoltiamo a sinistra iniziando la parte di salita “più dura” ma sicuramente più bella da percorrere.  Superati gli ultimi larici si punta decisamente verso l’anticima sul bianco pendio innevato. Raggiunta quest’ultima, si effettua un lungo traverso in leggera salita sino a portarsi ai piedi della croce. Da qui in  pochi minuti si raggiunge la Pointe de la Pierre.
Grazie ad Alberto per la compagnia e la bella giornata trascorsa insieme.



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Le regole: ondata di gelo

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 1. Sorridi più spesso che puoi, così quando il gelo ti paralizza la faccia manterrai il buon umore. 2. Neanche con 30 gradi sotto zero sei autorizzato a fare sesso con i calzini ai piedi. 3. Per sentire il vero freddo, i più giovani dovrebbero adottare lo stile libro Cuore: mantellina di lana, scarpe bucate e calzoncini corti. 4. Quando la coperta non basta, avvolgiti nel cartone: non sarà molto chic, ma funziona. 5. I colleghi che si lamentano troppo per il freddo vanno abbattuti, così smettono di soffrire.






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Paesaggio zerO 2010

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Dal 18 Marzo al 21 Maggio 2010 si svolgerà, a Cascina le Vallere - Moncalieri (To), “Paesaggio zerO 2010", la II Biennale dell’Osservatorio del paesaggio dei parchi del Po e della collina torinese. Un evento nato e organizzato dall’Ente Parco del Po Torinese che prevede, tra l'altro, un trekking letterario, un laboratorio di narrazione e una performance di danza.

Il senso di “Paesaggio zerO” come spiega Ippolito Ostellino, Direttore dell'Ente Parco “risiede nella convinzione che una corretta gestione della nostra terra stia nel comprendere le sue diverse anime: quella delle origini e delle dinamiche naturali, quella della storia e quella della rappresentazione che di ciò diamo nel nostro vivere quotidiano e che chiamiamo Paesaggio e come sia di prioritaria importanza la capacità di assegnare un valore alle nostre origini naturali”.

“Paesaggio zerO” si propone quindi come un mezzo e un'iniziativa per divulgare e comprendere le diverse anime del paesaggio. Perché conoscere l'importanza delle “diversità” che compongono ciò che ci sta attorno è fondamentale per comprendere e “vivere” la nostra terra e soprattutto per rispettarla. Quindi non è un caso che questa II biennale dell’Osservatorio del paesaggio dei parchi del Po e della collina torinese sia dedicata alle “Rarità Naturali”.

“Un tema” precisa Ippolito Ostellino “che vuole sottolineare come la natura, presente in tutto quanto ci circonda, rappresenti un valore delicato, raro, e quindi meritevole di tutte le nostre attenzioni e delicatezze: un atteggiamento disattento o peggio di disprezzo, rischia di mettere in pericolo oggetti e viventi rari quindi preziosi”. Tanto più, c'è da aggiungere, che il 2010 è proprio l’anno internazionale della Biodiversità. 

“Paesaggio zerO 2010”comincia dunque il 18 marzo prossimo con un seminario ed una mostra che esporranno i risultati delle ricerche dell’Osservatorio, il tutto accompagnato dalle performances di Danza Afro Contemporanea della Compagnia “Sowilo”. Si prosegue poi, in collaborazione con la scuola Holden di Torino diretta da Alessandro Baricco, con attività “sul campo” rivolte alle scuole e a quanti vogliono conoscere il paesaggio fluviale e delle sue meravigliose zone limitrofe.

Per esempio si può partecipare al trekking letterario guidato da Matteo Fresi - docente di narrazione della scuola Holden, e da Dario Vernassa, guida del parco. Così, dal 16 aprile al 18 aprile 2010, alternando momenti di cammino, situazioni di laboratorio di lettura e scrittura e momenti di sosta, si potrà vivere un'esperienza unica “in cammino” attraverso la scrittura e il paesaggio.

Gli alunni delle elementari, invece, saranno coinvolti nell’ “Isola che non c’è”, un laboratorio che si propone di avvicinare i bambini alla drammaturgia, attraverso il gioco d’interazione. Per le scuole medie è in programma “La storia dell’acqua dolce” con l’obiettivo di realizzare un artefatto e di scrivere un racconto che parli del rapporto tra l’umanità e l’acqua dolce. Mentre per le scuole superiori, con “Nelle terre selvagge”, si punterà a stimolare nei ragazzi attraverso lo strumento della narrazione una reale riflessione sulle proprie aspirazioni.


di Planetmountain


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Confortola al Lhotse: ho la testa che funziona

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SANTA CATERINA VALFURVA, Sondrio -- "Dopo tutto quello che è successo molti hanno pensato 'Confortola ormai è finito'. Il problema però è che troppa gente non ha niente da fare, e allora scrive e parla. Ma io ho la testa che funziona, ed ora parto per il Lhotse e quando torno voglio scrivere un altro libro sul mio secondo K2". Ne ha per tutti Marco Confortola, che ci ha parlato della sua imminente spedizione al Lhotse che affronterà con uno sherpa del k2, e della nuova autobiografia che scriverà per raccontare come ha vissuto dalla fine di quella tragedia ad oggi e per dire la sua sulle accusa degli ultimi due anni.

Una nuova spedizione al Lhotse...
Parto ad aprile e salgo in cima al Lhotse con Pasang Lama, uno sherpa che c'era anche al K2. Vado da solo perchè non ho trovato nessun compagno che volesse venire: del resto il Gnaro ha già fatto tutto, Roberto Manni è impegnato con la sua attività al rifugio e non vuole più partire per gli 8000. Salgo dall'Everest fino a campo 3 e poi giro verso la cima del Lhotse. Sono già salito fino a 8.500 nel 2006 insieme al Gnaro, l'anno in cui abbiamo fatto anche lo Shisha Pangma e l'Annapurna. Quella volta lui andò in vetta, io tornai indietro perchè avevo freddo ai piedi. C'era anche Cristina Castagna con noi.

Non hai paura a tornare su un ottomila?
No, no. Basta fare le cose fatte bene come sempre. Parto con l'idea di andare in cima, con lo spirito giusto. Voglio vedere come sto adesso su quelle quote e voglio tornare in vetta ad altri ottomila. Scusa, meglio dire "vorrei" tornare in cima che voglio...e poi voglio scrivere un altro libro.

Per parlare di cosa questa volta?
Vorrei scrivere di quello che è successo da dopo il K2. Il mio primo libro si ferma al momento in cui scendo dallo Sperone degli Abruzzi, ma nessuno sa cosa ho passato da quel momento ad oggi. Perchè da allora ad adesso ho praticamente affrontato un altro K2. La convalescenza all'ospedale, la sofferenza che ho provato per mesi, la sedia a rotelle, poi i primi passi...ecco, vorrei scrivere di quello che ho passato io. Si chiamerà qualcosa tipo "Dopo K2. Ricominciamo" o "Ricominciare".

Lo scriverai dopo il Lhotse o ci stai già lavorando?
Ho già in mente tante cose da dire, però sarebbe bello avere in copertina la cima del Lhotse...Anche perchè vorrei dedicare la mia salita a Riccardo Cassin, perchè lui è stato capo di una spedizione di alpinisti molto forti come Messner, Casarotto ed altri, quando ha tentato la sud del Lhotse. E siccome Riccardo era il mio nonno adottivo, sarebbe bellissimo riuscire ad andare in cima e dedicarla a lui.

Hai molti programmi quindi per il futuro?
Sì, ho la testa che funziona. Anzi ti dirò di più, già che al Lhotse, voglio andare a vedere la stazione di Colle Sud che abbiamo montato due anni fa a 8000 metri. E' una nostra creazione, è unica al mondo, io ne sono orgoglioso. Potrei andare a Colle sud per acclimatarmi prima di risalire per la cima.

Come ti stai preparando?
Per ora ho fatto un po' di scialpinismo, corro ogni tanto, ma ancora mi fanno male i piedi. Ma ho ancora tutto febbraio e marzo per prepararmi.

Come ti senti all'idea di tornare in campo nell'alpinismo?
Dopo tutto quello che è successo molti hanno pensato "Confortola ormai è finito". Ma questa nuova avventura è una cosa che faccio per me, non voglio dimostrare niente a nessuno. Anche perchè quando vai con quello spirito rischi troppo. Il problema però è che troppa gente non ha niente da fare, e allora scrive e parla. Se andiamo indietro negli anni vediamo che Juanito Oiarzabal ha perso tutte le dita dei piedi, eppure gli ottomila li ha finiti tutti lo stesso e anzi è andato avanti. Anche Messner, le ha perse tutte le dita, ma dopo ne ha fatte ancora di cime. Quindi se la gente invece di scrivere, si documentasse un po' di più, forse non direbbe cavolate. Poi i giornalisti, non tutti ma tanti, si sono comportati anche male, perchè del soccorso che abbiamo tentato io e Gerald nessuno ha scritto. Infatti sullo Scarpone è uscito un articolo con una mia dichiarazione in cui chiedevo alla gente di smetterla di raccontare balle, quanto meno per rispetto di quelli che son morti.


Valentina d'Angella

Tratto da: Montagna.tv

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Monte Zerbion - Antecima (2473 m) - Valtournance (IT)

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Salire allo Zerbion è un percorso davvero splendido che permette di raggiungere una postazione panoramica unica dove lo sguardo può spaziare su Gran Paradiso, monte Bianco, Cervino, monte Rosa, la valle di Ayas e la vallata principale della valle d'Aosta.


Con le racchette ai piedi siamo volati verso quella punta con la Madonna come cappello attraverso un bosco gelido e con strappi dolci, mai ripidi, sempre assecondanti il ritmico battito cardiaco. Una gita decisamente facile e molto godibile dal punto di vista paesaggistico.


Cielo terso, freddo alla partenza (-12° circa), ma temperature decisamente più gradevoli al sole.
Il punto di partenza è Promiod, un piccolo paesino raggiungibile da Antey-St Andrè a 1492 metri di quota. Dalla piazzetta si risale nel prato innevato e si raggiunge la strada interpoderale, la si segue per un centinaio di metri per poi imboccare sulla sinistra una ripida mulattiera che raggiunge nuovamente la strada interpoderale.
Prima di arrivare alla malga Arpine (metri 1842) si presenta un bivio: si prosegue verso destra ignorando la deviazione verso sinistra che raggiunge lo Zerbion ma attraverso il col Portola.
Il percorso prosegue sulla stessa traccia anche oltre malga Arpine. Appena superata la malga Franquin Damon si seguono i segni bianchi e rossi ben visibili sui tronchi degli alberi e ci si addentra nel bosco: ora si cammina su un sentiero (innevato) che rapidamente porta oltre il limite del bosco, sui prati d'alta quota della cresta del monte Zerbion.
E' il primo momento panoramico: dovrebbe spuntare il Cervino, la vista verso sud e verso ovest si apre senza soluzione di continuità.
Continuando a camminare seguendo le visibili tracce (alcune rocce segnate in giallo) si percorre la cresta colmando il residuo dislivello.
Noi oggi ci siamo fermati all'antecima (2473 m), dove vi è un crocefisso che scruta e protegge il fondovalle, un po’ perché era la prima gita con le ciaspe un po’ per il forte vento i arrivo sulla cresta. Comunque, come prima gita, sono sempre 1000 metri di dislivello.


Alcune note informative.
La cresta: risulta tecnicamente impegnativo l'ultimo tratto, quando si fa stretta e deve essere affrontata con attenzione e prudenza, valutando la consistenza della neve e considerando anche l'utilizzo di ramponi.



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