Fabio Giacomelli muore sul Cerro Torre. Portava le ceneri di un altro alpinista

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ALPINISMO

Giacomelli è stato travolto da una valanga su una delle cime più impegnative della Patagonia. Andava in vetta per un omaggio al noto scalatore Cesarino Fava

di LEONARDO BIZZARO

Fabio Giacomelli
Se n'è andato anche lui in montagna, come trent'anni fa era accaduto a suo fratello Gigi. Fabio Giacomelli, cinquantunenne alpinista trentino, è stato travolto da una valanga sul Cerro Torre. Se l'è visto portar via sotto gli occhi il suo compagno di cordata, Elio Orlandi, con il quale stava portando a termine una via nuova sulla parete est del "grido di pietra", com'è chiamata una delle montagne più belle e difficili al mondo, nonostante i suoi appena 3.102 metri. Lascia la moglie, Silvana, e i figli Alessio e Debora.


Non era solo un itinerario tracciato per la prima volta, quello di Elio e Franco. Iniziato lo scorso inverno - l'estate australe, cioè - era stato abbandonato per l'arrivo di una perturbazione a poche centinaia di metri dalla vetta. Ma in un anfratto della roccia i due avevano lasciato un'urna con le ceneri di Cesarino Fava, l'amico di Cesare Maestri che l'aveva convinto nel 1958 a scendere in Patagonia - "c'è pane per i tuoi denti", gli aveva scritto - e poi aveva affiancato lui e Toni Egger nella famosa e contestata spedizione dell'anno seguente. Fava è morto nel 2008 e Orlandi - appassionato frequentatore delle catene patagoniche - ha pensato subito di disperderne i resti dalla montagna del suo destino. Lo ha anche raccontato in "Patacorta", biografia per immagini presentata all'ultimo Festival del cinema di montagna a Trento, il titolo riferito in spagnolo ai piedi del vecchio alpinista "accorciati" dal chirurgo a causa di un congelamento sull'Aconcagua.

Montagna del destino il Cerro Torre per Fava, come lo sono tutte le cime patagoniche per intere generazioni di alpinisti trentini. Per decenni ai campi base si è parlato spagnolo e dialetto trentino, tanti erano gli scalatori che dalle Dolomiti si trasferivano in inverno alla base del Cerro Torre, del Fitz Roy, del Paine. E la migrazione stagionale prosegue. Orlandi, 55 anni, cresciuto sulle pendici meridionali del Gruppo di Brenta, frequenta quelle pareti dagli anni Ottanta e ha aperto alcune delle più belle e difficili vie in Argentina. Giacomelli aveva preso più di recente a frequentare la Patagonia. Alpinista completissimo, aveva cominciato ad arrampicare nel 1975 sulle montagne di casa, prima la Vigolana, poi le pareti della valle del Sarca, a pochi chilometri da Arco, ben prima che diventassero il paradiso dell?arrampicata sportiva. E il Gruppo di Brenta, dove all'inizio degli anni Ottanta era caduto suo fratello Gigi, prima di rivolgere la sua attenzione agli immensi specchi di roccia dello Yosemite (altri due fratelli sono alpinisti: Franco è il marito di Renata Rossi, prima guida donna in Italia, Giorgio è il più giovane, anche lui con la passione delle altezze). Ma nel suo curriculum non mancavano la speleologia - era membro del Soccorso speleologico trentino - il canyoning, le cascate di ghiaccio, la corsa in altitudine, la mountain bike.

Accanto all'attività sportiva, la collaborazione con le aziende di attrezzature per la montagna. Fin da giovanissimo, quando lavorava in un negozio di articoli sportivi e la sera saliva alla palestra di roccia di Trento, ai Bindesi, a provare corde e imbraghi lanciandosi da una parete all'altra. Da diversi anni era il responsabile vendite della Lizard, produttrice di sandali e scarpe per l?escursionismo, e consulente per la ricerca e lo sviluppo. Così, sul sito dell'azienda, ha chiuso di recente il racconto di una salita in solitaria sulla via Maestri del Dain, nella valle del Sarca: "Ebbene sì, yahoooo!!! È finita, non mi sembra vero! Seduto nel bosco sommitale guardo la valle, il fiume che scorre e qualcosa di nuovo frulla già in testa, ma godiamoci questo momento. Scendo e le prime due doppie da 60 metri sono un viaggio nel vuoto. Ripeterla?!? Ma sì, ci penserò. Io la mia via l'ho fatta, il grado c'è, ma non è tutto, i valori sono ben altri, il grado più alto è ciò che mi porto dentro".

  (06 gennaio 2010)
Tratto da :La Repubblica
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